“L’alcol deriva da scarti agricoli, anche di frutta, che vengono pagati con cifre irrisorie. Non è accettabile che un prodotto di facile estrazione venga a costare come una bottiglia di Barolo o un buon olio italiano di extravergine di oliva: dietro c’è il lavoro di un anno degli agricoltori”. Massimo Piva, vicepresidente dell’associazione Cia-Agricoltori Italiani Ferrara, denuncia la speculazione in atto sui prodotti igienizzanti e in particolare sull’alcol denaturato, con prezzi sul web che arrivano fino a 25 euro al litro e più.
Una speculazione sull’alcol denaturato: come è possibile?
Qui in provincia di Ferrara, ma anche in Veneto mi dicono amici, l’alcol denaturato è quasi introvabile. Su Internet raggiunge anche prezzi incredibili, fino a dieci volte il suo valore. L’alcol deriva da scarti agricoli, anche di frutta, pagati con cifre irrisorie o regalati: già la frutta è pagata pochissimo all’agricoltore, figuriamoci lo scarto. Tra le giustificazioni per cui manca il prodotto, ci sarebbe la carenza di materia prima, altri dicono per la richiesta esorbitante.
Chiedete prezzo equo e l’intervento Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.
Esattamente, non è accettabile che in un periodo del genere si sviluppino speculazioni sulla salute. Ancor di più che si utilizzino prodotti a costo zero. In pre-emergenza l’alcol veniva venduto a 1,50 euro al litro, massimo 2 euro. Il presidente dei distillatori ha detto di averlo visto a 47 euro al litro online! La speculazione non si ferma, lo abbiamo visto anche con le mascherine.
Ma, appunto, non è che finisce come le mascherine chirurgiche? Con il prezzo imposto a 50 centesimi sono introvabili.
È vero, spesso in un Paese particolare come il nostro per ogni azione si ottiene l’effetto contrario. Ma non possiamo accettare che un prodotto di facile estrazione venga a costare come una bottiglia di Barolo o un buon olio italiano di extravergine di oliva: dietro c’è il lavoro di un anno di agricoltori. Non so a chi dare la colpa: non me la prendo neanche con gli industriali, i quali si lamentano che non riescono a trovare i prodotti per la denaturalizzazione.
Oggi le aziende più innovative legate all’economia circolare stanno però valorizzando gli scarti per ottenere prodotti ad alto valore aggiunto: dai polifenoli dell’uva usati in ambito medico, agli scarti delle vinacce per fare scarpe e vestiti, biopackaging da sottoprodotti fermentati.
C’è incapacità del mondo agricolo a fare sistema. Oggi l’agricoltore non è preparato ad affrontare un utilizzo proficuo degli scarti. È talmente abituato a lavorare sulla qualità, gusto, sapore, meno chimica, che neppure immagina di avere un tornaconto dai sottoprodotti delle produzioni agricole. Sarebbe un cambio di paradigma importante che andrebbe affrontato con maggiore cognizione di causa. Servirebbe che qualcuno elaborasse un progetto industriale. Ci sono realtà innovative che non riusciamo a comunicare e a farle incontrare con il mondo agricolo. E l’agricoltore paga lo scotto perché ha mentalità inquadrata nella produzione e perde di vista l’innovazione.