Geoplant Vivai, società agricola di Savarna (Ra) specializzata nella produzione e nel miglioramento genetico delle piante da frutto, ha in catalogo centinaia di varietà di melo, pere, kiwi, kaki, ciliegio, susino, albicocco, pesche-nettarine e fragola. Produce su licenza ma è anche breeder. L’ultima novità, sviluppata all’interno del progetto Maspes, si chiama, Maissa, una varietà di pesca piatta a polpa gialla tardiva, che garantisce una finestra di raccolta del frutto più lunga di quella tradizionale: più di un mese. Oltre a vantare un’elevata resistenza ai ritorni di freddo. Si annuncia come una piccola rivoluzione, con innegabili vantaggi per la produzione e per la gdo. “C’è un buco produttivo nella prima quindicina di giorni di settembre. E Maissa cade proprio in quel periodo: dalla seconda metà di agosto alla prima di settembre” fa notare Gianluca Pasi, tecnico-commerciale di Geoplant Vivai.
Perché Maissa è un vantaggio?
Il nome è puramente indicativo, ci teniamo a sottolinearlo, non è un marchio depositato. Non sappiamo se poi quella selezione prenderà tale denominazione. Vogliamo far sapere alla filiera e all’intero mondo produttivo che esiste una tipologia di prodotto di questo genere. Se sarà posto sul mercato dipende dall’interesse che solleverà.
Quali sono i suoi plus?
È un prodotto innovativo sotto vari punti di vista. È una pesca piatta a polpa gialla, con maturazione tardiva. Cosa significativa, è una Stony Hard, dunque una polpa a intenerimento lento. Produce pochissimo etilene in pianta e matura molto lentamente. Il tempo è mediamente tre volte quello di una pesca classica: più di un mese. Dal punto di vista pomologico, è di gran pezzatura, con sapore dolce, a bassa acidità, e aromatico.
Una varietà che combatte la scarsità di manodopera
Sì, può essere interessante in questo senso: se l’azienda ha poca manodopera la può spalmare su un periodo più lungo.
E per la gdo?
È un prodotto di alta qualità, a prescindere che sia una Stony Hard. Può portare a scaffale un prodotto buono in settembre, dove negli ultimi anni c’è scarsità di varietà. Il calendario si è allungato di parecchio: le varietà tendono a maturare prima e si anticipa anche la raccolta. Abbiamo visto che c’è un buco produttivo nella prima quindicina di giorni di settembre. E Maissa cade proprio in quel periodo: dalla seconda metà di agosto alla prima di settembre.
L’allungamento dei calendari è un aspetto fondamentale?
L’allungamento, o l’accorciamento, a seconda della posizione in cui si guarda, ce la siamo trovata. Riguarda un po’ tutte le Drupacee. Nasce dal fatto che le fioriture sono anticipate di una decina di giorni negli ultimi anni. E di conseguenza le maturazioni sono precoci. Si è così creato un vuoto a inizio settembre, dove non ci sono varietà di pregio: dunque colorate, buone da mangiare, consistenti e che abbiano pochi problemi di monilia.
Quali sono oggi i trend di mercato?
In merito alle specie, il ciliegio è oggi molto più richiesto. L’albicocco è stabile dopo aver avuto un boom di qualche anno e gli investimenti si sono ridotti notevolmente. Le nettarine prevalgono sulle pesche tradizionali. Il colore poi è sempre più richiesto, come le proprietà organolettiche. Aspetto, quest’ultimo, che avevamo un po’ dimenticato: il prodotto deve anche essere buono da mangiare!
Geoplant ha in catalogo centinaia di varietà di melo, pere, kiwi, kaki, ciliegio, susino, albicocche, fragole. Quali sono le ultime novità lanciate o prossime sul mercato?
Presto arriverà una varietà colorata di pera precoce, ottima come profilo organolettico e per shelf-life. Nelle albicocche le varietà nuove che stiamo introducendo sono resistenti a sharka, aspetto importante per il produttore e mediamente migliori come sapore rispetto alle generazione precedenti. Per le pesche, le ultime uscite, come Dulcior, sono grosse di pezzatura e buone da mangiare e vanno incontro alle esigenze del consumatore.
Lanciare prodotti a residuo zero con le nuove varietà è più facile?
Alcune varietà che hanno caratteri di resistenza consentono di abbattere notevolmente il numero degli interventi. Nel melo, per esempio, già da tempo è stato introdotto un carattere di resistenza alla ticchiolatura. Lo stesso vale per le Drupacee. Nell’albicocco si stanno introducendo varietà che non si ammalano di sharka e si può risparmiare qualche trattamento che prima era necessario. Siamo appena agli inizi. Purtroppo servirebbero tecnologie genetiche che ci faciliterebbero questi interventi ma che non si possono usare.
Il genome editing?
Esatto. Consentirebbe di accorciare tempi e costi. E darebbe un prodotto nettamente più salubre al consumatore.