“Ci sono settanta mele club che entreranno in pista e probamente solo una o due avrà successo. Passano oltre dieci anni prima che un marchio sia riconoscibile al consumatore: noi ci abbiamo messo tredici anni con Ambrosia”. A Fruit Attraction Marco Rivoira, ceo dell’omonimo Gruppo, ha presentato l’Apple Brazilian Project. Un progetto disruptive rispetto all’affollato mercato melicolo, fatto di tanti tentativi e limitati successi. Il nuovo brand rimarrà top secret fino a Fruit Logistica 2022. Ma i primi test per una gdo “molto interessata” partiranno a marzo-aprile.
Spieghiamo il progetto delle nuove selezioni brasiliane.
Sono tre “sorelle”, Luiza, Venice e Isadora, nello stesso segmento extrasweet: extra succose, croccanti e dolci. Sono state sviluppate dal centro brasiliano Epagri con cui Ifo ha fatto un accordo dagli anni Duemila e ha acquisito i diritti su tutto quello che selezionano. Appeal simile, molto lucide, sembrano quasi cerate, nessun difetto estetico, bicolori rosso-giallo. Si conservano tutte e tre benissimo. La prima, Luiza, matura in periodo Gala, quando non c’è alcuna mela Club premium. La seconda è Venice: andrà sugli scaffali da fine settembre fino ad aprile. La terza, Isadora, che ha un potenziale di conservazione di un anno e mezzo, ha 17 gradi brix di media: roba mai vista. La portiamo a fine campagna incrociando agosto.
Quali i plus di queste tre varietà?
La grande rivoluzione dell’Apple Brasilian Project è che va a semplificare tutto, per la gdo e il consumatore. Si stacca completamente dalle varietà: siamo gli unici al mondo a offrire un progetto premium tutto l’anno, da agosto ad agosto. Una costanza di gusto e sapore uguali tutto l’anno. La seconda grande rivoluzione è che queste mele si raccolgono con la conversione dell’amido su zucchero oltre il 75%, quindi al top della maturazione in pianta, che andremo a certificare. Venderemo con un unico brand ombrello che sarà presentato a Fruit Logistica 2022 con un grandissimo evento.
Quando arriveranno sul mercato?
Intorno a marzo-aprile faremo i primi test commerciali in Italia, stiamo parlando con alcuni operatori. La gdo è molto interessata al progetto che ha 12 mesi di copertura. Sono due anni che lavoriamo nella costruzione di questo brand che è stato registrato in tutto il mondo. Oggi uno dei problemi dell’abbassamento dei consumi delle mele è la perdita di gusto: c’è confusione di varietà, raccolte anticipate. E così ci si sposta su altri prodotti più costosi, come il kiwi giallo che sta avendo successo. È una mela club superpremium: con il frutto maturo, prende colore, aromi, sapori pazzeschi. Ed è disponibile da agosto ad agosto.
Quanti ettari, dove sono coltivate?
Sono 7 anni che sperimentiamo queste varietà, abbiamo diritti in tutto il mondo. In Italia quest’anno abbiamo piantato 30 mila piante in Piemonte, saranno 125 mila la prossima primavera, 370 mila nel 2023 e 200 ettari entro il 2024. Saranno 100 ettari della precoce (questo perché le catene non hanno una varietà premium in quel periodo) e 50 ettari per ognuna delle altre due. In tutto il mondo sono almeno 4 mila ettari tra emisfero Sud e Nord. E il coltivatore può scegliere le varietà.
Sarà una mela Club con altri partner?
Abbiamo l’esclusiva: Gerhard Dichgans, che conosce bene il segmento Club, è direttore generale del progetto e mi aiuta a portarlo in tutto il mondo. La nostra è una collaborazione molto forte, conosciamo tutti i partner internazionali per svilupparlo. Stiamo parlando con varie aziende ma non c’è ancora nulla di definito. Abbiamo tutto il tempo per espanderlo. Il progetto è local for local (inteso come Europa). Ci saranno delle regole per esportare le mele anche nel Far East, Asia, per non creare conflittualità tra tutti i partner.
Queste varietà sono molto adatte ai nuovi climi caldi, ho cercato qualcosa nel Sud del mondo perché sono cambiate le condizioni climatiche: ho fatto l’operazione contraria. Portate in Italia, con temperature meno importanti, si sono sviluppate in modo strepitoso. Sono varietà molto resistenti e poco soggette a patologie, non hanno problemi di rugginosità, ticchiolatura. Sono adatte a tutte le produzioni, dal bio al residuo zero.
Cresce anche la richiesta per le mele a polpa rossa, come sta andando il progetto Kissabel?
Kissabel riunisce 12 partner, tra cui Vog, Vip, Melinda che hanno i volumi maggiori: è il più grande progetto al mondo. È partito 9 anni fa, e abbiamo selezionato e sperimentato complessivamente oltre 27 varietà. Volevamo essere sicuri di entrare sul mercato con varietà buonissime. Kissabel è l’unico programma che garantirà nei prossimi anni prodotti straordinari. Altre aziende hanno affrettato l’introduzione di prodotti a polpa rossa che hanno un po’ ammazzato il mercato, essendo acide e stoppose. E hanno frenato un po’ l’aspettativa. Noi abbiamo piantato 25 ettari di una varietà in Piemonte e altre quattro hanno finito la sperimentazione: rossissime e bellissime da vedere. Nei prossimi anni saranno impiantati centinaia di ettari. Lo scorso anno abbiamo prodotto per l’Italia, Germania, Spagna e Nord Europa.
Come sta andando lo Snacking Project?
Altro progetto varietale iniziato tre o quattro anni fa per portare una gamma di mini-mele. Per ora c’è una varietà gialla, ma ogni anno ne vogliamo lanciare una nuova. A novembre entreremo in vendita con la stessa, crediamo ancora in Esselunga ed Edeka. Altre 2-3 varietà sono a fine sperimentazione, una ha gusto stratosferico con retrogusto di ananas. Stiamo investendo anche qui per registrare un marchio che rappresenti la gamma. Sono mini frutti ma che possono avere 15-16 gradi brix, una qualità pazzesca e una gamma variabile, adatte a diversi tipi di gusto.
Qual è la strategia vincente nel mercato delle mele?
Dobbiamo iniziare a comunicare che si lavora sul prodotto estremamente buono: dobbiamo dare un’esperienza al consumatore, così come avviene con le selezioni brasiliane, le mele snack o Kissabel. Non possiamo continuare a pensare solo a claim ed estetica: guardiamo a gusto e qualità organolettica. Ambrosia ha insegnato cosa vuol dire la bontà di un frutto. Ambrosia è stata la strada.
Domanda d’obbligo: com’è l’attuale situazione della logistica, con i rincari dei costi dell’energia e della materia prime?
Siamo preoccupati, bisogna vedere cosa succederà con i vari porti, Genova, La Spezia. Il gruppo fa circa 150 milioni di euro (Rivoira come singola azienda sopra i 60) e l’export extra Ue vale il 60% del fatturato. Siamo più di 400 persone con tre stabilimenti. A livello energetico abbiamo un costo di frigo che è cresciuto del doppio. Tra l’anno scorso e quest’anno abbiamo costi aumentati di 8-10 centesimi al kg, tra logistica, cartoni (che non si trovano) ed energia elettrica. Con la gdo che non regge questi aumenti. Poi il nolo dei container: per gli Usa sono il doppio dello scorso anno; per l’Oriente 1000 dollari in più.