Quest’anno ha festeggiato i 40 anni di attività. Aoa (Associazione ortofrutticoltori Agro) è una Op con base associativa in Campania dove ci sono le maggiori produzioni con la Puglia, oltre che in Toscana, Umbria, Lazio, Marche, Abruzzo, Molise, Basilicata e Calabria. Il business ruota intorno al pomodoro da industria, ma negli anni l’offerta si è allargata ad altre referenze ortofrutticole fresche: cachi, cavolo rapa, ravanello, lattuga, melone, rucola, cavolfiore, mele. Con particolare attenzione alle produzioni tipiche di ogni areale e una consistente quota derivante dalla coltivazione biologica. Sostenibilità, qualità, aggregazione e innovazione le parole chiave della Op, presieduta da Vincenzo Di Massa. “L’obiettivo futuro è dedicarci di più a produzioni caratteristiche dell’Agro Sarnese, che un po’ abbiamo trascurato negli anni, come il Cipollotto nocerino Dop e i friarelli” fa sapere il direttore Gennaro Velardo.
Quarant’anni di attività: quanti sono i soci e che volumi e fatturato sviluppate?
Attualmente siamo intorno ai 450 produttori, il fatturato intorno ai 38 milioni. In volumi siamo circa 5 milioni di quintali, di cui 3,5 milioni di pomodoro.
Come è cambiata negli anni la domanda del pomodoro da industria, principale business?
Non è cambiato la domanda del pomodoro da industria quanto la nostra vocazione. Nasciamo negli anni 80 come associazione di produttori. Strutture riconosciute dal ministero che oltre a interessarsi della commercializzazione, certificavano le produzioni consegnate. Nel ‘96 diventiamo organizzazione di produttori, anche in seguito a un regolamento comunitario. E tramite una parte dei nostri produttori cominciamo ad affacciarci a un mercato diverso, rispetto a quello della trasformazione industriale. Operando in un’area ben caratterizzata, il pomodoro da industria rimane però il nostro principale business: pomodoro dalla Puglia e ortaggi da Campania e Puglia. Abbiamo associati, tra Veneto e Trentino, che producono anche mele.
Su quali altri prodotti state investendo?
Associamo produttori di vario tipo, soprattutto ortaggi, cavolo rapa, ravanelli, insalate. Non facciamo invece prodotti di quarta gamma. Lavoriamo in agricoltura integrata ma stiamo puntando soprattutto sul bio, che sviluppa circa un paio di milioni di fatturato. Vendiamo quasi tutto all’estero,Unione europea: Germania, e una piccola quota in Austria. Considerano anche il pomodoro, incide intorno a un 20%.
Quest’anno dovremmo incrementare con qualche altro prodotto, per esempio il broccoletto: lo stiamo testando. Abbiamo interesse a guardarci intorno e andare su altre produzioni. Come packaging, utilizziamo legno e cartone ma abbiamo fatto alcune sperimentazioni per allungare la shelf-life: è tutto in itinere.
Con il Covid è cambiata la domanda?
Grossi problemi commerciali non ne abbiamo avuti: non facciamo molto Horeca e siamo più focalizzati sulla Gdo.
Quali prodotti si trovano maggiormente nella Gdo?
Siamo specializzati nel caco: il mercato sta ritirando, c’è qualche rallentamento perché siamo a fine campagna. I volumi sono gli stessi dello scorso anno. Arriviamo in Gdo attraverso le piattaforme che forniamo. Oltre al caco, da quest’anno anche il broccoletto.
La nostra intenzione è crescere. E vorremmo dedicarci di più a produzioni caratteristiche dell’Agro Sarnese, che un po’ abbiamo trascurato negli anni. Soprattutto il Cipollotto Dop e il peperoncino verde, che noi chiamiamo friarello.