Sono cattivi fuori ma buoni dentro, i fichidindia. Ma è solo una questione di spine (nella buccia).
Diffusi soprattutto nel sud Italia, dove caratterizzano il paesaggio, da pochi anni sono coltivati anche in maniera intensiva. La Sicilia è addirittura il secondo polo produttivo al mondo dopo il Messico, paese di origine.
Ne esistono di tre varietà, a polpa bianca (forse i più pregiati), rossa (i più dolci) e gialla; ma si trovano anche innumerevoli colorazioni intermedie. Da alcuni anni è possibile trovarli negli scaffali della distribuzione organizzata al nord, ma oggi ci limitiamo a condividere una conoscenza amatoriale di questi frutti. E, soprattutto, della loro raccolta faidate.
Una cosa va ricordata. Grazie alle loro proprietà nutritive e di adattamento la Fao (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura) considera i ficihidindia il cibo del futuro. Con i cambiamenti climatici ormai inarrestabili e la desertificazione, le tradizionali fonti di cibo diventeranno sempre più limitate e sarà necessario rivolgersi a prodotti in grado di adattarsi meglio. E’ proprio il caso dei fichidindia che – in un ettaro di coltivazione – possono conservare nelle loro pale fino a 180 tonnellate di acqua. Una proprietà che, peraltro, si abbina alla capacità di assorbire elevate concentrazioni di anidride carbonica.