Qual è il futuro delle proteine alternative e in particolare del plant-based? Se ne è discusso ad Alternative, un incontro presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca che ha radunato alcuni stakeholder per discutere delle innovazioni, sfide e opportunità del settore. Una sorta di anteprima all’appuntamento del 21 ottobre 2025, a Roma, per gli Stati generali delle proteine per l’Italia. Una giornata di confronto tra ricercatori, imprenditori e rappresentanti istituzionali, in cui saranno condivise le migliori strategie per coniugare innovazione, sostenibilità e sviluppo economico e saranno delineate le linee guida per uno sviluppo innovativo, inclusivo e sostenibile, come ha annunciato Maurizio Bettiga, direttore dell’innovazione presso Italbiotec Società Benefit e ideatore e Chair di Alternative.
I dati
In Italia il mercato delle proteine vegetali ha un valore stimato di 746 milioni di euro per il 2024, per un incremento annuo del 5%. Particolarmente significativo è stato il boom dei formaggi vegetali, con un aumento delle vendite del 77% in soli due anni. Nelle intenzioni del 2025 la scelta di acquisto di prodotti plant-based aumenterà del 16%, la spinta più forte a livello di diete, in base al Rapporto Coop 2025. Si ritiene che entro il 2050 il mercato globale delle proteine alternative possa superare i 900 miliardi di euro.
Ritorno al naturale, nuova vita per il tofu?
Il punto di partenza è stato, però, la constatazione di come la dirompente spinta iniziale si sia rallentata. “Non può esserci la rottura con le culture, non può essere solo tecnologia, il cibo è vicino al sentimento, deve essere inclusivo -ha argomentato Natasha Linhart, ceo di Atlante-. Una prossima generazione di prodotti su cui vogliamo lavorare è un agglomerato di verdure con l’integrazione del tofu, che è alimento sì processato ma della tradizione, millenario: riteniamo possa essere più accettabile da parte dei consumatori”.
Il marchio di qualità Smartfood Ieo
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Per promuovere i prodotti di qualità, anche plant-based, è nato il marchio Smartfood Ieo lanciato a novembre dal team che lavora presso l’Istituto Europeo di Oncologia di Milano. Punta a promuovere un modello di dieta più vegetale e si basa su disciplinari che poggiano sulla letteratura scientifica internazionale, con attenzione a parametri come sale, zuccheri semplici, grassi, fibra. “Il marchio è stato registrato in Italia -ha fatto sapere Maria Tieri, nutrizionista del team Smarfood-. All’interno del disciplinare ci sono delle categorie che riguardano il plant-based, con un’apposita sezione di alternative vegetali al latte, yogurt, formaggi e carne. Siamo in contatto con alcune aziende. ci aspettiamo di apporre i primi loghi ad alcuni prodotti”.
Etichetta sempre più corta
La clean label per il settore sarà sempre più determinante. Bene ha sfruttato in maniera pioneristica l’etichetta corta Planted, nata come spin off del Politecnico di Zurigo, poi start up e oggi multinazionale. “Quando abbiamo lanciato Planted Chicken aveva solo 4 ingredienti, le proteine del pisello, acqua, olio e vitamina B12 -ha ricordato Massimiliano Nogheredo, sales manager per l’Italia di Planted -. Abbiamo un impianto di produzione vicino a Zurigo, dove produciamo quasi 10 tonnellate al giorno di prodotto. Da 4 ragazzi siamo passati a 280, 65 lavorano in ricerca e sviluppo e riusciamo ad arrivare sul mercato con prodotti innovativi. Abbiamo, per esempio, proposto il kebab, la referenza che sorprendentemente va di più in gdo”.
Taste, health e sustainability sono i valori di The Vegetarian Butcher, marchio acquisito nel 2018 da Unilever e oggi distribuito in 60 Paesi. In Italia è presente in Burger King con il plant-based Whopper. “Una delle forze motrici è stata la sostenibilità, ma la componente del gusto e della salute sono tra i nostri aspetti prioritari” ha ricordato Marco Santagiuliana, R&D manager di Unilever.
Nuove frontiere tecnologiche
Il vero motore delle proteine vegetali è stata la sostenibilità ambientale. Studi recenti evidenziano che la carne plant-based può abbattere le emissioni di gas serra fino al 94%, ridurre l’uso del suolo dell’89% e il consumo di acqua del 93% rispetto alla carne tradizionale. La vera sfida è però fare accettare al consumatore le innovazioni tecnologiche per arrivare a un prodotto finito sempre più vicino per gusto e consistenza a quello di derivazione animale. Una delle più promettenti, e pronte per il mercato, è la fermentazione di precisione, già utilizzata nel farmaceutico. Sostanzialmente da colture di microorganismi di origine naturale (lieviti, batteri o funghi) o modificati geneticamente (attraverso la tecnica del genome editing) si possono produrre proteine o molecole di interesse.
Il primo filetto fermentato per la gdo
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Planted e The Vegetarian Butcher vogliono cavalcare questa innovazione. “Uno dei prossimi prodotti che lanceremo e che ha avuto risposta eccezionale a livello europeo è la prima bistecca fermentata. Sarà più succosa, perché viene da un processo di fermentazione” ha fatto sapere Nogheredo. Il prodotto, Planted Steak, sarà presentato a Tuttofood per la gdo ed è il primo filetto fermentato che imita quello di manzo. Parallelamente The Vegetarian Butcher ha avviato una collaborazione con la start up statunitense Every per la produzione di albumina. “La fermentazione di precisione ci offre delle alternative. Rimane la domanda di come possa essere percepita dal consumatore, visto che nasce da un processo ancora più complesso: rimane una sfida” ha rimarcato Santagiuliana.