Paolillo, sede operativa a Eboli, da oltre cinquant’anni è un’azienda specializzata nella produzione e commercializzazione del finocchio, che coltiva in Abruzzo, Molise, Campania, Puglia e Calabria. Con il responsabile commerciale, Ciro Paolillo, facciamo, il punto sull’emergenza Coronavirus.
Come sta andando la distribuzione del finocchio, quale varietà sono in produzione?
“Al momento ci sono due o tre varietà. Tra un paio di giorni concludiamo la campagna della Calabria. In largo anticipo perché è stato un inverno caldo: finiamo dieci giorni prima rispetto agli altri anni. Lavoriamo poi nella piana del Sele e a Campo Marino, in Molise. La produzione è su dodici mesi”.
C’è prodotto a sufficienza? Di quanto è cresciuta la richiesta della gdo?
“C’è stato un aumento con il primo provvedimento delle chiusure, con l’assalto agli scaffali: è stata una brutta settimana, poi la situazione si è stabilizzata.
Oggi la gente non compra tutti i giorni, non c’è più la continuità di prima e gli acquisti sono a singhiozzo. Il prodotto non manca. C’è stato questo inverno mite che ha fatto finire prima nelle campagne: un po’ di mancanza si fa sentire, pertanto, ma non siamo certo in crisi”.
Ci sono problemi logistici o il prodotto è garantito come destinazione a scaffale?
“Per il momento i trasporti sono regolari e non ci sono problemi”.
Alcune associazioni dei consumatori hanno lamentato che c’è stato un rialzo dei prezzi.
“Noi abbiamo aumentato di dieci centesimi al chilo, certamente un cifra non esagerata. Ma è legato alle condizioni climatiche e non al Coronavirus”.
Quali accorgimenti di sicurezza sono stati presi nelle campagne e nello stabilimento?
“Nelle campagne stanno utilizzando tutti mascherine e guanti. Abbiamo modificato il magazzino, con dei divisori tra un operatore e l’altro in materiale tipo plexiglas per tenere i lavoratori separati. Misuriamo la temperatura tutte le mattine ai dipendenti. Abbiamo poi messo sanificatori e disinfettanti.
Al bagno si va a turno per non creare assembramenti e le pause sono scaglionate. Abbiamo, infine, alleggerito la squadra del 30% con rotazioni giornaliere”.
C’è stata difficoltà a reperire la manodopera?
“Noi abbiamo l’80% di manodopera straniera. Ma non abbiamo avuto problemi perché utilizziamo operai già inquadrati, che già stavano lavorando. La difficoltà sorge dove il lavoro è stagionale, per esempio nel Fucino: ma lì ci tocca solo in modo superficiale”.
L’export ha subito contraccolpi?
“Sì, molto importanti con la Germania, dove i clienti si sono fermati. Idem per la Polonia. L’Inghilterra caricava tre volte la settimana: oggi una volta ogni giorni. La Francia compra poco o niente. L’estero si è fermato”.
Quali sono i problemi futuri per l’emergenza Coronavirus?
“Mi spaventano le condizioni climatiche. Gestire l’emergenza in inverno ti favorisce perché il prodotto lo puoi tenere un paio di giorni in più in campagna. Con il caldo non puoi temporeggiare e devi lavorare con la continuità. Si rischia che parecchia roba non ce la fai a raccoglierla”.