Guardo il nuovo spot della Coop e francamente non capisco il clamore e le critiche prodotte da parte di alcune associazioni di produttori. Chi si occupa di comunicazione sa bene quanto il potere dell’immagine e dell’evocazione di esigenze concrete siano in grado di produrre interesse e condivisione da parte del grande pubblico.
Siamo tutti consapevoli di quanto il consumatore in questi anni abbia dimostrato di essere un passo avanti rispetto alle dinamiche del comparto facendo della ricerca del ben-essere il proprio mantra.
La garanzia del consumo, la sostenibilità economica, sociale ed ambientale stanno di fatto tracciando i nuovi percorsi di spesa e qualificando il rapporto con lo scaffale, fisico o virtuale, del nuovo responsabile acquisti.
Reduci da quattro settimane in cui distributori e produttori hanno avuto modo di confrontarsi attorno al tema della valorizzazione delle principali filiere agroalimentari (carni, latticini ed ortofrutta), in cui la narrazione comune si è sviluppata all’insegna dell’ingaggio, della consapevolezza, dell’accessibilità, della responsabilità del consumo ed dell’esperienza di prodotto, appaiono strumentali le critiche apportate dai produttori, troppo ancorate alla difesa a tutti i costi di posizioni che seppur legittime meritano forse spazi, toni e modalità più pacate.
Richiamando la metafora dello spot, credo che sarebbe stato molto più utile e funzionale agli interessi di tutti se si fossero prese le parti di chi guida il carrello, a difesa di quanto di buono fatto e di quanto da fare, con la forza delle ragioni di chi migliora ogni giorno la nostra agricoltura più che con le esclusive ragioni di parte ad ogni costo.