Riflettori puntati su Palermo, Foggia e Bari per l’uva da tavola dall’1 al 7 ottobre 2017. Sono le tre città che ospiteranno l’Ottavo Simposio Internazionale dell’Uva da Tavola, in Puglia dall’1 al 5 e in Sicilia il 6 e 7 ottobre. Non a caso questa scelta, visto che l’Italia è il più grande produttore europeo di uva da tavola e uno dei maggiori esportatori mondiali con Puglia e Sicilia rappresentano il 70% e il 25% della produzione nazionale.
Il simposio è il principale evento internazionale dedicato all’industria dell’uva da tavola e presenta lo stato dell’arte su ricerca e sperimentazione di fronte a una platea di delegazioni tecnico-scientifiche provenienti da tutto il mondo.
L’organizzazione scientifica è affidata alle Università di Foggia, Palermo e Torino. L’organizzazione operativa è curata anche da studiosi di altre istituzioni italiane e dalle società di consulenza tecnica Agriproject e Graper. Il Comitato Scientifico Internazionale è costituito da studiosi ed esperti italiani ma anche provenienti dagli altri principali Paesi produttori di uva da tavola, come Cina, Iran, Turchia, Sud Africa, Australia, Cile, California, Brasile, Spagna.
In occasione dell’Ottavo Simposio Internazionale dell’Uva da Tavola, la Rivista di Frutticoltura ha realizzato uno Speciale interamente dedicato all’evento, con approfondimenti su tecniche e innovazioni nel settore dell’uva da tavola.
CLICCA QUI per consultare lo Speciale dedicato al Simposio
Il programma in Puglia
Foggia ospita il simposio dall’1 al 4 ottobre con un programma di sessioni scientifiche presso l’Università degli Studi di Foggia, mentre a Bari la sera del 4 ottobre è in programma la cena di benvenuto alla delegazione scientifica proveniente da tutto il mondo, e nella giornata del 5 ottobre un evento speciale: una tavola rotonda internazionale intitolata “Uva da Tavola e Prodotti Freschi alla Sfida dell’Internazionalizzazione”, con l’obiettivo puntato particolarmente sulle problematiche della logistica e del mercato.
A Bari oltre al momento d’incontro e discussione per i ricercatori sulle problematiche della viticoltura da tavola, sarà un’occasione per divulgare i progressi compiuti dalla viticoltura italiana, favorendo il confronto tra tecnici e operatori interessati al trasferimento tecnologico dei risultati ottenuti dalla ricerca nazionale ed internazionale.
Puglia regione leader con 7 milioni di quintali
L’evento pugliese verrà coordinato dall’Apeo (Associazione Produttori Esportatori Ortofrutticoli) che raggruppa le più prestigiose aziende pugliesi del settore.
“Questo evento mondiale – sottolinea Giacomo Suglia presidente Apeo – è di grande prestigio sia per l’Italia che per la Puglia in quanto l’Italia con i suoi 10 milioni di quintali è il primo paese produttore europeo ed il terzo, dopo Cina e Turchia. La Puglia, con i suoi 7 milioni di quintali, rappresenta la regione leader, con un calendario di produzione che inizia da luglio e termina a dicembre. Oltre alle uve tradizionali come Black Magic, Victoria, Italia, Palieri, Red Globe, nell’ultimo ventennio si sta sviluppando la produzione di uva apirene, particolarmente richieste dai consumatori”.
“Il prestigioso evento, di rilevanza scientifica e tecnica – incalza il presidente Suglia – è propedeutico per la nostra economia nazionale e pugliese, vista la perdita di quote di mercato a favore di Paesi emergenti dove i costi di produzione sono molto inferiori ai nostri, nonostante le spese di trasporto per raggiungere l’Europa”.
I nodi da sciogliere nel nostro Paese
Il settore attualmente sta attraversando in Italia e in Puglia un momento particolare con alcune problematiche che si trascinano oramai da troppo tempo. Le importazioni di uva da tavola nel nostro Paese ammontano a 25mila tonnellate (circa il 3,0% dei consumi interni); di queste, una percentuale consistente proviene dall’Europa (50%) e dall’America centro meridionale (circa il 30%) in particolare dai suoi due principali paesi produttori Cile e Perù. La restante parte proviene da Africa (14,5%) ed Asia (5.5%).
Altro problema è quello dei costi di produzione (acqua, corrente elettrica, manodopera), aumentati vertiginosamente negli ultimi anni, e delle maggiori lavorazioni a causa delle avverse condizioni climatiche.
Uva apirene ancora una nicchia in Italia
La scarsa scelta varietale che ha contraddistinto la produzione italiana nel ventennio 1980-2000, come fa sapere sempre Suglia – è considerata la causa principale della perdita di competitività sui mercati globali. Per troppo tempo la coltivazione della varietà Italia ha interessato oltre l’80% della superficie nazionale e la diffusione delle varietà apirene è stata di scarsa entità.
Anche in Puglia solo alla fine degli anni ‘90 si è avuto un deciso impulso verso la produzione di uve senza semi anche se ricerca e sperimentazione non hanno goduto di alcun tipo di sostegno neanche da parte delle istituzioni. Adesso si muovono i primi timidi passi per arrivare alla collaborazione pubblico-privato per la sperimentazione in campo (quello degli imprenditori agricoli) di alcune varietà apirene messe a punto negli anni scorsi.