La battaglia della plastica: renderla più accettabile o eliminarla del tutto?

L’adozione a fine aprile, nell’ultima seduta dell’Europarlamento prima della fine della legislatura, del nuovo regolamento Europeo sugli Imballaggi ha riaperto in Italia, da parte degli operatori del settore, il dibattito su come comportarsi di fronte alle regole di novella introduzione. Sicuramente il nuovo Regolamento segnerà una rivoluzione per l’intero comparto, fissando limiti e scadenze stringenti con l’obiettivo di ridurre sensibilmente l’impatto ambientale del packaging. Non sempre però la stessa ricetta garantisce i medesimi risultati virtuosi su tutti i fronti.

L’anello chiuso di Conip è meno impattante del riutilizzato

È il caso del comparto delle casse in plastica. Secondo il nuovo Regolamento, entro 18 mesi dalla sua entrata in vigore, gli imballaggi per il trasporto o per la consegna dei prodotti nell’ambito di uno Stato membro dovranno essere riutilizzabili, salvo una deroga da parte dello Stato qualora l’Italia raggiunga il 55% di riciclo di tutti gli imballaggi in plastica. Ma l’anello chiuso di riciclo gestito da Conip per le casse “Usa e Recupera” risulta essere meno impattante da un punto di vista ambientale rispetto a qualsiasi ipotesi di un loro riuso secondo i nuovi indirizzi.

È quanto emerge dallo studio comparativo condotto dalla società Valore Sostenibile Esg Consulting per Conip, con l’intento di quantificare e valutare gli impatti ambientali relativi alla fase d’uso e di rigenerazione di una cassetta riutilizzabile rispetto all’impatto dell’intero ciclo di vita delle casse 100% riciclate dal Consorzio. Nello studio sono stati messi a confronto gli impatti del ciclo di vita delle casse Usa e Recupera a marchio Conip, con gli impatti delle fasi d’uso e rigenerazione di casse in PP a pareti abbattibili.

Per la determinazione degli impatti dei prodotti Conip: si è fatto riferimento al Lca (Life Cycle assessment) 2023 alla relativa Epd di Settore S-P-09896 Cassette in PP riciclato “Usa e Recupera” 360g. Per le casse a pareti abbattibili, invece, è stata utilizzata la “Mappatura delle pratiche di riutilizzo degli imballaggi in Italia: valutazione Lca della pratica di riutilizzo delle cassette a sponde abbattibili per il settore ortofrutticolo”, realizzato dal Gruppo di ricerca Aware del Politecnico di Milano.

Lo studio comparativo ha dimostrato come l’impatto Gwp (climate change) della sola fase d’uso e rigenerazione delle casse a pareti abbattibili risulta maggiore dell’intero ciclo di vita delle casse a marchio Conip (0,401kg CO2e). Nel dettaglio, risulta superiore del 32,9% per lo Scenario 1 (dati dello Studio Aware integrati in maniera conservativa per le fasi del ciclo di vita non considerate dallo Studio del Politecnico) e addirittura del 139,9% per lo Scenario 2 (dati studio Aware integrati con dati primari di azienda utilizzatrice delle casse che opera la rigenerazione).

I risultati di impatto mostrano come questi dipendano principalmente dai trasporti, dai consumi energetici e dal reintegro delle casse disperse. Secondo questi risultati il ciclo chiuso di riciclo gestito da Conip per le casse Usa e Recupera risulta essere meno impattante da un punto di vista ambientale rispetto a qualsiasi ipotesi di loro riuso Accanto agli impatti ambientali, però, vanno considerati molti altri fattori che guidano i fruitori a scegliere un imballaggio piuttosto che un altro.

Confrontare gli impatti ambientali di packaging differenti per valutarne la sostenibilità, è condizione necessaria ma assolutamente insufficiente se nessuno dei materiali considerati può costituire una valida alternativa all’altro per caratteristiche richieste, sicurezza e mercati serviti. Nel nostro caso, ad esempio, da tempo i produttori e gli utilizzatori di casse per ortofrutta già differenziano, a ragione, il tipo di casse utilizzate in funzione dei mercati serviti.

Casse a pareti abbattibili o usa & recupera? Due mondi separati

Mentre le casse a pareti abbattibili vengono impiegate per servire clienti grandi e centralizzati (packers, gdo), un esempio sono quelle di Cpr, le casse usa e recupera hanno un mercato completamente diverso fatto di distributori e mercati generali che, a loro volta, distribuiscono il prodotto a dettaglianti, piccoli supermercati e a tutto il mondo ho.re.ca, senza considerare tutta l’ortofrutta che viene esportata in tali casse.

Sarebbe difficile sostituire le casse usa e recupera con quelle riutilizzabili in un mercato così capillare, dove si sovrappongono diverse figure e dove il loro ritiro per la rigenerazione diventerebbe alquanto improbabile con il rischio che vadano in gran parte disperse. Infatti, il mercato delle casse a pareti abbattibili è contraddistinto da: bassi tassi di dispersione (circa 2% dell’immesso al consumo) grazie alla preponderanza del rapporto one to one con il cliente che favorisce una corretta logistica e gestione delle casse, e da percorrenze elevate per raggiungere i clienti (soprattutto packers), che spesso sono lontani dalle aree di produzione ortofrutticola e spesso all’estero. All’opposto, il mercato delle casse Usa e Recupera si caratterizza per: elevati tassi di dispersione (circa 25% dell’immesso al consumo) e basse percorrenze.

Il rischio di dover produrre imballaggi ex-novo

In uno scenario così delineato dove, a causa della tipologia di clienti serviti, un alto tasso di dispersione della casse è fisiologico, immaginare l’ipotesi del loro riuso, anche al di là dei risultati di impatto ambientale definiti dallo studio, paradossalmente porterebbe a conseguenze poco ‘virtuose’. Infatti, ad ogni ciclo di rigenerazione almeno il 25% delle casse immesse al consumo dovrebbe essere prodotto ex novo per ricostituire lo stock iniziale e, trattandosi di casse destinate al riuso, non sarebbero realizzate come le attuali Usa e Recupera ma sarebbero molto più pesanti e impiegherebbero plastiche vergini, con un conseguente aumento dell’impatto ambientale complessivo, di certo assai meno sostenibile rispetto al ciclo attuale di riciclo gestito da Conip.

Ilip sposa innovazione e sostenibilità

Su una linea di condotta simile, che punta a sposare sostenibilità e innovazione, si muove anche Ilip. L’azienda di Bazzano infatti sta portando avanti  i progetti Closed Loop R-PET con cui l’azienda porta avanti un’economia circolare degli imballaggi, con circa 60mila tonnellate di Pet post consumo all’anno in un sistema chiuso, ed EcoDesign Reduce, con cui la società si impegna a ridurre l’uso di materie plastiche diminuendo spessore e peso degli imballaggi, senza comprometterne le performance. “Reduce” (ridurre) infatti è una delle 3 R di Ilip nell’approccio alla responsabilità ambientale insieme a “Riciclare” – come nel caso del Pet – e “Risorse rinnovabili”, con l’uso di bioplastiche in alternativa ai polimeri fossili. L’R-Pet utilizzato da Ilip, grazie alla strategia T2T R-Pet, è completamente tracciabile e frutto di un processo virtuoso che consente non solo il riciclo delle bottiglie post-consumo ma anche dei vassoi per produrre nuove vaschette per alimenti, chiudendo così il ciclo tray-to-tray.

Le novità Ilip nel packaging

Frutto di questo lavoro di innovazione e di ricerca e sviluppo è EzySplit, il primo cestino ibrido per ortofrutta composto da un cestino alleggerito in R-Pet e da una struttura in cartoncino esterna che dà maggiore resistenza e consente ampie possibilità di personalizzazione sia internamente che esternamente. Arricchisce l’offerta anche B40 Air Wave in R-Pet, 100% riciclabile, con il fondo progettato per ammortizzare eventuali urti durante il trasporto e nei punti di vendita senza bisogno dell’inserto assorbente in microbolle o in cellulosa. Questo prodotto, già presentato durante la scorsa edizione, si presenta in una versione rinnovata con un fondo migliorato che permette di aumentare l’effetto di ammortizzamento.

Infia punta tutto sul tray-to-tray

Identica filosofia è quella espressa da Infia: l’azienda di Bertinoro prosegue sulla strada del tray-to-tray: “La nostra economia circolare – spiega l’export manager Alessandro Mariani – parte dai cestini già impiegati e che vengono recuperati dalla raccolta differenziata. Ormai la nostra percentuale di riciclaggio si aggira attorno all’80%, con punte che in determinati contesti possono arrivare anche al 100% e con un impatto sull’ambiente inferiore di circa il 27% rispetto al R-Pet tradizionale”.

Graziani: plastiche certificate per superare i pregiudizi

L’idea di una plastica sostenibile però non si ferma al mondo degli Imballaggi: anche il comparto del packaging terziario -angolari e reggette per la pallettizzazione- guarda con favore a una plastica che non sia demonizzata. “L’aumento del costo delle materie prime e l’impatto ambientale -spiega il general manager Roberto Graziani– hanno sviluppato nel pubblico una diffidenza che investe l’idea stessa del packaging in generale. Nel settore ortofrutticolo, che in Italia solo l’ultimo anno ha generato qualcosa come 12 miliardi di euro di valore, la shelf life è fondamentale: sembra quindi poco sensato rinunciare a soluzioni che già possediamo per adottarne altre che invece nemmeno sappiamo se sono applicabili. I materiali che Graziani impiega sono tutti certificati Efsc e il nostro lavoro è tutto finalizzato a realizzare prodotti sempre meno impattanti, ma bisogna anche tenere conto della fattibilità delle cose”.

Sorma dà fiducia al 100% alla cellulosa

C’è però anche chi punta a ottimizzare l’impiego della cellulosa per arrivare a imballaggi che siano facilmente riciclabili e al 100%, come nel caso di Sorma e delle sue confezioni compostabili realizzate interamente in carta e cellulosa: “L’ultima generazione delle nostre reti Sormapaper -spiega Mario Mercadini, responsabile marketing- sono caratterizzate da una serie di miglioramenti tecnici che le rendono più economiche e più leggere. Non solo le componenti in carta sono staccabili e riciclabili a parte, ma la stessa rete è realizzata in tessuto di cellulosa. In questo modo siamo già pronti per il 2030 quando entreranno in vigore le nuove regole europee e ogni imballaggio di peso inferiore agli 1,5 Kg dovrà essere completamente plastic free”.

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