Incontro Francesco Avanzini, direttore generale di Conad, a pochi giorni dall’acquisizione di Auchan (al momento dell’intervista stiamo ancora aspettando che si pronunci l’Antitrust), ma ci concentriamo (quasi) subito sul mondo dell’ortofrutta.
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“Per Conad è il reparto che presenta l’insegna, il suo biglietto da visita -spiega Avanzini-. Non dimentichiamo che siamo una catena territorialmente capillare, presente in tutte le regioni, quindi è chiaro che l’ortofrutta, in quanto portabandiera del territorio, deve diventare per noi un punto fondamentale. L’obiettivo è di riqualificare un reparto che è rimasto molto arretrato dal punto di vista della gestione dell’offerta: non ha ancora dato risposte complete in termini di servizio, valorizzazione del prodotto. In chiave di localismo ci siamo, ma sulla parte di servizio e di convenience c’è ancora molto da fare, seguendo il percorso già fatto da altri reparti di prodotti freschissimi come la carne e la gastronomia.
Inoltre, l’ortofrutta si inserisce nei modelli di salute e di alimentazione, che però purtroppo non trova riscontri nei volumi. Allora ci si chiede, se è così sano e salutare alimentarsi, se l’ortofrutta è portabandiera del territorio, perché l’ortofrutta non riesce a decollare? In realtà qualche volta lo ha fatto, come è stato negli anni scorsi con le IV gamme e con i prodotti ad alta unità di servizio, dove addirittura il consumatore ha scontato un gap di prezzo molto forte, pur di portare a casa servizio. C’è ancora molto da fare: uno degli errori è far prevalere la continuità a scapito della qualità, si è conseguentemente normalizzato troppo il reparto, gestendolo più con logiche quote driven che offer driven, senza rendersi conto che, però, nel dichiarato era il reparto biglietto da visita del negozio.
Come qualificare l’offerta?
Intendiamo alcuni vettori, il principale dei quali è la percezione di qualità reale. Oggi purtroppo è nel sentito comune dire che la frutta ha tutta lo stesso gusto, c’è stato un ritorno sia a livello urbano sia territoriale sul rapporto anche relazionale del venditore rispetto al compratore: oggi l’ortolano è una figura che sicuramente ha possibilità di intervenire, ma sulla quale nella grande distribuzione non si è mai investito un centesimo per la qualificazione professionale; mentre, dietro al banco gastronomia, c’è uno specialista che parla e spiega al cliente. È vero, abbiamo inserito anche le bilance automatiche per dare servizio, ma nessuno che spieghi che oggi le zucchine sono di quattro tipi e hanno quattro modelli gustativi e di servizio diversi. Inoltre, non abbiamo lavorato tutti, produttori e distributori, nei livelli di servizio, in particolare al cliente, in termini di packaging e di porzionature. Stiamo cominciando adesso, nel caso della frutta, a fare quello che facevamo da anni nell’orticolo, cioè fare delle IV e V gamme di prodotti.
Perché l’ortofrutta in gdo “ha tutta lo stesso sapore”?
La trattazione del prodotto è il tema principale: in acquisto abbiamo un prodotto di qualità, che va persa nel percorso distributivo. Tema delicato. Però trattare il prodotto in maniera massificata per recuperare una parte di costo ma perdendo più che proporzionalmente la qualità non è la soluzione. La pesca e la banana, l’uva acquistata sono le stesse, ma perché un cliente è soddisfatto in un negozio piuttosto che in un altro? Per la gestione del prodotto, la presentazione, la qualità, il trattamento in cella, questo è il tema su cui lavorare.
Parliamo di fornitori: l’acquisizione di Auchan potrebbe portare variazioni?
Noi continueremo ad agire come sempre, cioè con estrema ricerca di trasparenza e di rapporto commerciale dedicato e declinato alla qualificazione del prodotto. Non siamo mai stati alla ricerca di variabili di prezzo a tutti i costi, non partecipiamo a aste: la selezione del fornitore e del prodotto rimarranno per noi dei punti di riferimento.
Siamo un’azienda italiana e, tornando al tema dell’acquisizione di Auchan, continueremo a privilegiare un modello che prevede la selezione della fornitura della filiera nazionale, che è la filiera di riferimento per il 95% -al netto dei prodotti non disponibili in Italia-. Stiamo facendo un grande lavoro sulle filiere proprio perché crediamo che il ruolo del supermercato e, quindi del nostro imprenditore, è di essere a fianco di chi oggi fa produzione agroalimentare. Quindi non vedo grandi differenze.
Un consiglio agli agricoltori italiani?
Sono presidente di Cpr System, azienda italiana che produce imballi verdi e nel mio cda ho grandi e medie aziende in rappresentanza del mondo ortofrutticolo. La cosa che emerge sempre è come sia importante avere la capacità di fare sistema dal punto di vista della filiera, esempi eccellenti ci sono, come quello delle mele, fatto da piccole unità produttive che si sono aggregate in un sistema distributivo efficiente ed efficace. Quindi si può fare.