Nell’ultimo anno i prodotti a base di quinoa, pseudocereale, sono cresciuti del 23% secondo il rapporto Coop. Un superfood, che ha diversi plus. Come l’essere gluten free. Ora arriva la quinoa italiana, Quipu. L’ha sviluppata l’Università degli Studi di Firenze. Che ha prodotto la prima varietà made in Italy, adattabile alle nostre condizioni climatiche.
Il risultato dopo 7 anni di studi: le opportunità di business per le aziende sementiere e gli agricoltori
La nuova varietà, frutto di incroci, è il risultato di 7 anni di sperimentazioni. Quipu è il nome ufficiale, registrato al Cpvo (Community Plant Variety Office) dell’Ue, dove l’Istituto ha depositato i diritti per lo sfruttamento commerciale.
“Per utilizzarla ci vuole una ditta sementiera che acquisisca la licenza per vendere il seme – spiega Paolo Casini, docente di Agronomia e coltivazioni erbacee al Dipartimento di Scienze e tecnologie agrarie, alimentari, ambientali e forestali dell’Università degli Studi di Firenze –. A questo proposito l’Università ha aperto un bando pubblicato sul sito.
Noi – fa sapere – abbiamo fatto nascere questa varietà a Cesa, in provincia di Arezzo, seminandola a fine inverno presso il Centro per il collaudo e il trasferimento dell’innovazione dell’ente Terre regionali toscane. È un incrocio tra varietà originarie dell’America Latina, ma non quelle di altura: abbiamo utilizzato linee che provenivano da aree costiere del Cile. Dunque zone più basse, con più facilità ad adattarsi.
Non l’abbiamo provata in tutta Italia – precisa – ma siamo convinti che il nostro clima sia adeguato. Le caratteristiche organolettiche sono identiche a quella di importazione. Il sapore è lo stesso, idem per il contenuto proteico, anche se non abbiamo effettuato analisi specifiche”.
Un prodotto ad alta redditività e sostenibile, che richiede il 40% in meno d’acqua rispetto al mais
Oggi in Italia si coltiva quinoa usando varietà nordeuropee: Quipu è la prima made in Italy. E potrebbe costituire un interessante business per gli agricoltori del nostro Paese. “Diamo alternative ai nostri agricoltori – sottolinea – che non sanno più cosa coltivare: i cereali hanno prezzi molto bassi.
La quinoa è poi sostenibile: tollera la siccità e richiede il 40% in meno d’acqua rispetto al mais. Oggi in Italia non ci sono fitofarmaci registrati per questa coltura. Dunque si può intervenire solo con mezzi meccanici o prodotti consentiti in regime biologico. Questo pseudocereale è associato all’idea di salutismo, come l’amaranto. Si vende meglio se è bio. E il produttore guadagna di più”.
I plus della quinoa italiana: filiera corta e prodotto etico
Il prodotto made in Italy permetterebbe di avere una filiera corta e controllabile. Ma non solo. “Ci sono anche motivi etici – fa sapere –. La moda della quinoa ha comportato disastri in America Latina. I prezzi sono saliti alle stelle, del 30-35% anche sul mercato locale. E questo ha comportato che la frangia più povera non si possa più permettere questo alimento, importante per bambini e anziani. Costa meno comprare un hamburger, anziché un kg di quinoa!
Hanno poi aumentato le superfici di produzioni – aggiunge –, interessando terre dove non era coltivata, con problemi di abbandono della pastorizia e danni agronomici. Questo in particolare per Bolivia e Perù, che sono i principali produttori”.