Per colpa della cenere piovuta tra le sponde di Calabria e Sicilia, dopo la violenta eruzione dell’Etna dei giorni scorsi, si è fermata la raccolta degli agrumi.
L’antefatto. Non è proprio una stagione d’oro quella che stanno attraversando i produttori del comparto agrumicolo del sud Italia in parte azzoppati dal virus della tristeza, in parte costretti sotto il giogo della volatilità dei prezzi del mercato che rendono questa coltura ormai ben poco redditizia.
Questa volta il problema arriva dalla cenere che sedimentandosi a terra dopo l’eruzione, ha ricoperto di un sottile strato tutti i frutti. Solo pochi millimetri ma sono sufficienti a renderli fragili a qualsiasi tipo di lavorazione perché lo sfregamento nelle cassette aumenta il rischio delle abrasioni.
Ferma al momento la stima dei danni che sarà messa nero su bianco nei prossimi giorni dopo i sopralluoghi del caso nei campi.
Il catanese. «In questo momento – spiega Giovanni Pappalardo, presidente della Coldiretti di Catania – i magazzini che si occupano di commercializzazioni sono inattivi creando di fatto un vuoto nel mercato nazionale ed internazionale che penalizza non poco questa parte dell’isola».
Al momento le aree più colpite sono la piana di Catania nella zona di Giarre mentre risultano meno colpiti i comuni pedemontani come Paternò, Adrano, Biancavilla e Bronte. Ma la situazione non è definitiva anche perché l’eruzione è ancora in corso e tra le variabili che incidono sull’evento c’è anche iul vento.
«Al momento – ci ha precisato Salvo Laudani, presidente di Fruitimprese Sicilia e direttore marketing di Oranfrizer – non rileviamo problemi rilevanti dovuti alla cenere vulcanica. Va considerato che la sua caduta sugli agrumeti dipende dai venti e sinora i danni rilevabili nella piana di Catania per gli agrumi, sono modesti. Vedremo in futuro se i fenomeni eruttivi tenderanno a ridursi o intensificarsi prima di fare valutazioni più definite»:
La piana di Gioia. Più seria la situazione registrata negli impianti produttivi della piana di Gioia-Tauro e Rosarno, in Calabria. Qui lo scenario individuato da Coldiretti vedrebbe l’intero comparto che avrebbe già chiesto a gran voce di avviare gli accertamenti per il riconoscimento della calamità naturale, unico rimedio a fronte di danni che non rientrano tra quelli assicurabili.
«La cenere – si legge in una nota di Coldiretti – sta creando due tipi di problemi in Calabria: su una buona parte degli agrumi ha bloccato il processo di maturazione mentre gli altri già maturi presentano delle macchie nere che, pur non inficiandone la bontà e la qualità, inducono i consumatori a non acquistare, con un indubbio riflesso negativo sul mercato».
Oltre al vento, l’altro rimedio che potrebbe ripristinare la situazione, è la pioggia che laverebbe naturalmente le piante rimuovendo i residui di cenere dai frutti.