Le start up di vertical farm riscuotono sempre più l’interesse dei grandi player industriali come dei retailer. Tra queste c’è Zero, fondata nel 2018. È stata scelta da Barilla per produrre basilico e altri micro-ortaggi per i sughi pronti. L’azienda di Podenone unisce competenze di agronomia, ingegneria e sviluppo software grazie a un portafoglio di tecnologie brevettate. “Puntiamo a democratizzare l’accesso al prodotto di vertical farming” promette l’ad Daniele Modesto.
La gamma dei prodotti, a marchio Zero Farms, è in fase di test presso Eurospesa. A scaffale si trovano insalate monovarietà (rucola, gentile, crespa, kale), insalate mix (La creativa, La balsamica, La amarognola, La piccante), erbe aromatiche (basilico, coriandolo, erba cipollina) e 15 varietà di microgreen. Nel frattempo l’azienda lavora allo sviluppo della coltivazione di fragole, fragoline di bosco e pomodorini ciliegino.
Quale tecnologia di vertical farming adotta Zero?
Zero ha sviluppato una tecnologia proprietaria e brevettata. L’esito di un lavoro durato anni. Questo anche per avere il pieno controllo degli aspetti economici, che sono il grande problema delle vertical farm oggi. Facciamo un’aeroponica adattata con delle caratteristiche originali. Le piante sono sospese in aria. Non c’è alcun impatto ambientale e riduciamo i costi.
Qual è l’obiettivo del business?
Abbiamo deciso di coltivare con la nostra tecnologia e produrre per la grande distribuzione e altri canali con un nostro marchio, Zero Farms, che vogliamo promuovere in modo intenso con un piano sull’Italia.
Quanti sono gli ettari di coltivazioni e la capacità produttiva? Quali le tipologie di prodotti coltivati?
Abbiamo in costruzione due ettari di capacità coltivata che si sviluppano sulla verticalità, per circa mille tonnellate. L’obiettivo è arrivare a tremila tonnellate l’anno. Coltiviamo prevalentemente insalate, prodotti di quarta gamma, aromatiche, microgreen e stiamo sperimentando sui frutti rossi, un mercato molto interessante. Stiamo cercando anche di fare della ricerca su mix particolari.
Qual è il plus distintivo rispetto ai competitor?
Puntiamo a democratizzare l’accesso al prodotto. La qualità di quello delle vertical farm, non solo la nostra, è superiore ad altri standard produttivi. Il tema vero è come rendere questi prodotti più accessibili. Il posizionamento nostro è proprio quello, con un prezzo allineato a quello bio. È anche il modo per sconfiggere una certa diffidenza verso una nuova tecnologia.
Come si presenta il packaging?
Il materiale è in plastica riciclata e riciclabile e stiamo facendo sperimentazioni sul compostabile. Sul pack scriviamo che è un prodotto in vertical farming.
Quali accordi con retailer e grandi aziende avete sviluppato?
Abbiamo cominciato un test in una catena del Nordest, Eurospesa, e stiamo negoziando altri contratti con diverse catene nazionali. Siamo poi onorati che Barilla ci abbia scelto per sperimentare il vertical farming come sistema produttivo per alcune loro materie prime, principalmente per i sughi pronti: produrre materia prima per l’industria alimentare è sfidante perché servono al tempo stesso altissima qualità e un processo sostenibile economicamente. La partnership si è consolidata con un accordo tra Zero e Blu1877, il venture arm di Barilla.
Prossimo obiettivo?
Dimostrare che anche in Italia, Paese ancora conservatore, c’è spazio per un’agricoltura tecnologica fatta per le masse e non solo per consumatori d’élite.