Il Perù ha un obiettivo dichiarato: “emergere” in tempi strettissimi. Cinque anni, massimo dieci. Cosa significherà questo per il settore dell’agricoltura?
Se fino a oggi le imprese peruviane erano riuscite a ritagliarsi un ruolo importante tra i grandi competitor mondiali per l’export di ortofrutta (Lima è la prima fornitrice al mondo di asparagi, seconda per gli avocado, quarta per l’uva, quinta per i manghi, settima per il mandarino, nona per i mirtilli e dodicesima per la melagrana), con lo sviluppo massiccio del comparto avviato da circa un lustro, mirano a volare nel ranking globale.
In questo senso i colossi dell’ortofrutta peruviana hanno già pianificato importanti investimenti, anche se molto il Paese si attende dagli interventi pubblici per accompagnare lo sviluppo con un adeguato piano di infrastrutture e di sostegni alle imprese.
Irrigazione e meccanica
Sono già nero su bianco i piani di crescita di alcuni dei più grandi esportatori. Danper, ad esempio, azienda specializzata nella produzione di asparagi, carciofi, manghi e avocadi nella zona di Trujillo, 500 km a nord di Lima. O, ancora, Tropical Farm con quartier generale a Chiclayo che produce, fra l’altro, uva, manghi e avocadi, o ancora Virù, con sede a Trujillo che è il maggior produttore mondiale di asparagi.
Oggi riescono a emergere sulla scena mondiale pur pagando lo scotto di un carente sistema irriguo che spreca molta della dotazione idrica naturale del Paese, data dai copiosi corsi d’acqua che si sviluppano sulle Ande e che fanno fatica ad arrivare sulla zona costiera, desertica, ma dotata di un terreno perfetto per la coltivazione.
E sono cresciute nonostante la quasi totale assenza di processi meccanizzati al punto da essere costrette a impiegare centinaia di dipendenti per ogni linea di lavorazione con significative ripercussioni sul costo finale del prodotto che comunque – a livello globale – è già molto competitivo.
L’obiettivo dichiarato da queste aziende – che abbiamo visitato durante il press tour organizzato da Adex, l’associazione peruviana degli esportatori in occasione di Expoalimentaria, la più importante fiera agroalimentare del Sudamerica che si è tenuta a fine agosto a Lima – è quello di investire in meccanizzazione (per la selezione, ad esempio, o anche il packaging) ma anche di espandere i terreni coltivati e sviluppare nuove varietà.
Sono piani ambiziosi se si considera che attualmente, sulla fascia costiera, quella maggiormente produttiva, il totale dei volumi esportati viene prodotto su appena il 3% del terreno disponibile. Aumentare le superfici coltivate, infatti, significa innanzitutto provvedere a un’adeguata risposta idrica attraverso importanti opere di infrastrutturazione, ma anche superare alcune logiche poco trasparenti relative alla concessione dei terreni per uso agricolo.
«Nella zona di Chochope – ha spiegato Chriss Cerquera Davila, commercial manager di Tropical Farm – prevediamo di espandere la coltivazione di uva dal prossimo anno aggiungendo altri 120 ettari agli attuali 50. L’idea è quella di puntare su una varietà di uva bianca e senza semi che stiamo già testando».
Meno burocrazia, più trasparenza
Grandi aspettative vengono riposte sulle elezioni presidenziali che si svolgeranno nel 2016. Qualunque sarà il candidato che uscirà vittorioso dalle urne, dovrà rispondere alle richieste del mondo produttivo che preme con forza per avere un supporto concreto alla crescita non solo con le infrastrutture, ma perseguendo obiettivi di una maggiore trasparenza burocratica e una massiccia lotta alla corruzione.
L’adesione ai negoziati per il Tpp, l’accordo di liberalizzazione degli Usa per l’area del Pacifico, è solo uno dei passi che rivela le ambizioni del Paese. E in questa direzione vanno anche gli accordi bilaterali siglati quest’anno, che danno l’ok all’export peruviano di mirtilli verso il Canada o di manghi e asparagi verso la Cina.
«Con gli asparagi stiamo partendo in questi giorni – spiega Cristina Albuquerque, senior commercial officer di Danper, che farà da apripista nel mercato cines – con i primi container. Nella fase iniziale destineremo circa il 4% della produzione ma contiamo di arrivare anche al 15-20% nel giro di cinque anni, ossia circa un milione di casse. Manderemo prodotti premium, anche perché sono gli unici che si conformano agli stringenti standard imposti dal protocollo con la Cina che ha deciso di aprirci le porte dopo accurate visite da parte dei suoi ispettori ai nostri impianti».
Nuove varietà e crescita del bio
Intanto i comparti produttivi si attrezzano per la crescita. Le produzioni di uva, ad esempio, prima prevalentemente concentrate a sud, nella regione di Ica, crescono anche in quelle del nord che grazie al cambiamento climatico si stanno tropicalizzando. Come Piura, nuovo cuore pulsante del comparto dell’uva peruviana, La Libertad o Lambayeque. In queste regioni si stanno sperimentando nuove varietà bianche (è questa la grande novità) e senza semi ben diverse dalla tradizionale red globe.
Tra i mercati maggiormente interessati alle produzioni peruviane c’è anche quello indiano caratterizzato da una middle class sempre più numerosa, che vuole prodotti di qualità a basso prezzo.
In crescita anche le produzioni bio. Secondo i dati ufficiali di Adex, nel 2014 la crescita di questo settore ha portato all’esportazione di prodotti certificati bio per 364 milioni di dollari, con un incremento del 58% rispetto al 2013, a dimostrazione del grande potenziale del Perù. Il principale mercato è stato l’Ue, che ha attirato il 53% delle esportazioni di cui il 25% in Olanda, il 15% in Germania; 6% in Belgio e 3% in Italia. A questo si aggiungano anche gli Usa, che hanno acquistato il 33% del bio peruviano.
Expoalimentaria come vetrina
Si è appena conclusa la settima edizione di Expoalimentaria, la fiera peruviana che si tiene a Lima in agosto, l’evento più importante per tutto il settore agroalimentare sudamericano.
In pochi anni si è affermata come trampolino strategico sui mercati globali per l’export ortofrutticolo non nazionale ma di tutta l’area latina e quest’anno ha visto la partecipazione di oltre 3mila buyers da cinque continenti; 587 espositori di America, Asia ed Europa e oltre 33mila visitatori.
La veloce crescita del comparto agroalimentare del Perù – che è collocato tra le 10 nazioni che innovano di più al mondo – è un tassello importante anche per l’economia locale, dato che, come spiega Eduardo Amorrortu, presidente di Adex, l’associazione degli esportatori che organizza la fiera: «Per ogni milione di dollari investito in agricoltura si dà lavoro a 262 peruviani. Parallelamente per ogni milione di dollari di esportazioni che si concretizzano nel settore agroalimentare, se ne generano 1,5 di Pil».
Proprio per la sua capacità di ritagliarsi in poco tempo un ruolo di prim’ordine nel mercato globale, Expoalimentaria ha vinto l’anno scorso il premio “Creatività imprenditoriale” dell’Università peruviana di Scienze applicate.