Da giorni la filiera segnala la mancanza di manodopera. “Al settore agricolo è chiesto di sostenere la situazione di emergenza, tuttavia molti nodi problematici verranno al pettine, come sicuramente quello del reperimento della manodopera”, ha avvisato il presidente di Cia, Dino Scanavino -. Molte aziende si accingono alla raccolta di importanti prodotti di stagione che rischiano di rimanere nei campi e nelle serre. Se lo stato di emergenza dovesse prolungarsi, rischiamo il paradosso della indisponibilità sugli scaffali di prodotti lasciati nei campi. Servono subito strumenti e meccanismi veloci per aiutare le aziende agricole ad assumere lavoratori”.
Sulla questione è tornato anche Giorgio Mercuri, presidente dell’Alleanza cooperative agroalimentari, realtà di 5.000 imprese associate che detiene il 25% del fatturato alimentare del nostro paese. “Abbiamo assistito in queste settimane – spiega Mercuri – ad una partenza di lavoratori Ue ed extraUe: non c’è personale che accetti di venire a lavorare nel nostro Paese. Pesantissime sono le ripercussioni sulle produzioni attualmente in campo, come gli asparagi – per i quali mancano all’appello migliaia di lavoratori – ma sono a rischio tutte le produzioni primaverili, a partire dalle fragole, che si avvicenderanno nelle prossime settimane nelle varie regioni d’Italia”.
“Nel Decreto Cura Italia approntato dal governo per l’emergenza – prosegue Mercuri – non sono stati introdotti strumenti straordinari di flessibilità e semplificazione nella ricerca della manodopera. Stiamo in queste ora lavorando con il Ministero dell’agricoltura per individuare soluzioni al problema: una proposta potrebbe essere quella di prolungare i permessi di soggiorno per i lavoratori extracomunitari oppure la possibilità di impiegare in campagna, nella congiuntura di emergenza, i cittadini idonei ai quali viene attualmente erogato il reddito di cittadinanza. Per garantire più personale alle nostre cooperative associate, abbiamo anche richiesto di estendere gli istituti della codatorialità e del distacco ai rapporti tra socio e cooperativa per aiutare a rafforzare la continuità produttiva, garantendo più personale nelle nostre imprese in questa fase delicata”.
“Per l’adozione delle regole introdotte dal Governo per contrastare il Covid-19 – dotazioni strumentali, varianti organizzative, sanificazione dei locali, sicurezza linee di lavorazione – si stima un aumento del 20% dei costi sostenuti nei centri di lavorazione e nei magazzini che potrebbe incidere anche sul costo del prodotto, anche se di pochi centesimi”, conclude Mercuri.
In allarme anche i vivai
Lucilla Danesi e Gianluca Pasi, soci e responsabili commerciali di Geoplant Vivai, azienda vivaistica ravennate, commentano le ripercussioni del Covid-19 su tutto il comparto agricolo, invitando associazioni di categoria e amministrazioni a un’immediata presa di posizione.
Secondo i dati di alcune associazioni di categoria sono 370mila i braccianti regolari che ogni anno raggiungono, in questo periodo, le campagne italiane dall’estero (Est Europa e Nord Africa) e che attualmente sono rimasti nel loro paese sia a causa della chiusura delle frontiere, sia per il forte timore del virus. E, senza un intervento immediato, la chiusura dei confini alle persone, si ripercuoterà disastrosamente mettendo a rischio più di un quarto del made in Italy che ogni anno arriva sulle nostre tavole grazie alla raccolta per mano di rumeni, marocchini, indiani, albanesi, senegalesi, polacchi, tunisini, bulgari, macedoni e pakistani.
“Se è vero che questa situazione porterà l’agricoltura a cercare soluzioni più smart e tecnologiche rispetto al passato, è anche vero – conclude Pasi – che nel nostro mondo quei processi di meccanizzazione che in altri settori stanno garantendo la continuità del lavoro, sono al momento impossibili da attuare, considerando che l’85% delle lavorazioni viene realizzata dall’uomo”.