Un aceto di filiera 100% italiana che risponda ai requisiti di sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Nasce con questo obbiettivo l’Aceto di vino Dal Campo, sviluppato da un accordo tra il Gruppo De Nigris 1889 con Filiera Italia, l’associazione di promozione per il made in Italy agroalimentare, lanciata da Coldiretti, che conta oltre 50 marchi dell’agroindustria italiana associati.
Uve da 45 conferitori pugliesi e lavorate negli stabilimenti De Nigris
Il progetto di filiera, presentato a Milano presso la Vigna di Leonardo, prevede che le uve 100% italiane vengano conferite esclusivamente da agricoltori Coldiretti. Sono inizialmente 45 i conferitori, dalla Puglia, ma successivamente se ne aggiungeranno da altre regioni italiane. Le uve vengono trasformate in cantine che sono parte integrante della filiera. E i vini vengono lavorati negli stabilimenti De Nigris di Carpi (Mo), San Donnino (Re) e Caivano (Na), impianti tra i più moderni in campo enologico.
Ogni fase, dalla produzione all’imbottigliamento, alla distribuzione, è tracciata e certificata Csqa. L’aceto di vino bianco dal Campo De Nigris 1889 sarà sul mercato da metà ottobre con il marchio Firmato dagli agricoltori Italiani e il packaging in bottiglia di vetro.
Un prodotto che ridà dignità al lavoro contro la guerra ai ribassi
“È un programma di accordo su base annuale, rinnovato automaticamente, che garantisce il pieno soddisfacimento del lavoro – ha sottolineato Armando de Nigris, presidente del Gruppo –. La nostra azienda ha scelto di portare una zolla di terra sullo scaffale. È un primo lancio: siamo voluti intervenire sulla cenerentola dei prodotti a base aceto, su cui c’è spesso guerra ai ribassi. Oggi la competizione si gioca sulla distruzione dei valori. Noi invece lavoriamo per ridare valore e restituire dignità”.
“Il percorso nuovo è volersi confrontare con gli altri soggetti che compongono la filiera, sino alla fase di commercializzazione, per dare corretta informazione al cittadino – ha sottolineato – Ettore Prandini –. Rispetto del lavoro, ambiente, benessere animale, qualità del prodotto: dobbiamo ripartire da lì. Oggi, con il cibo di sintesi, c’è il tentativo di annullare ciò che ci contraddistingue”.