Le tecniche rivoluzionarie di miglioramento genetico, a cominciare dal genome editing, premiato con il Nobel, potrebbero essere strumenti essenziali per centrare gli obiettivi di sostenibilità voluti dal Green Deal europeo, ma oggi sono vietate in quanto considerate Ogm. Sulla revisione normativa premono però larghi strati delle associazioni del mondo agricolo e della ricerca e nel prossimo futuro potrebbe esserci la svolta. Sul tema si è dibattuto in un evento in streaming organizzato da Confagricoltura e Federchimica Assobiotec, dal titolo Lab to Farm, dal laboratorio al campo. Quale innovazione per l’agricoltura italiana?
Superare la decisione della Corte di giustizia dell’Ue
Il punto cruciale è il superamento della decisione della Corte di giustizia della Ue in materia, pubblicata a luglio 2018. Con questa le nuove tecniche di mutagenesi sono state equiparate a organismi geneticamente modificati. E pertanto sottoposte agli obblighi previsti dalla relativa direttiva europea del 2001. Pungolato sul tema, Francesco Battistoni, sottosegretario di Stato alle Politiche agricole, alimentari e forestali, ha però glissato rimandando la questione a un dibattito a porte chiuse (“Il tema della genomica è divisivo, dobbiamo dare risposte su argomenti che uniscono”).
“Dobbiamo tornare a discutere come Parlamento europeo sulla revisione della sentenza della Corte di giustizia -ha affermato Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura-. Su genome editing e cisgenetica abbiamo università che negli studi sono all’avanguardia ed è paradossale esserlo sul piano accademico e non nella vita reale. La stessa tecnologia vale poi per la salute umana e non per l’agricoltura; ci dicono di essere sostenibili ma non ci danno gli strumenti; si dice no alla biotecnologia e si dice sì al cibo sintetico. Come Confagricoltura siamo per la scienza e la ricerca: l’abbiamo scritto nello statuto. Vogliamo produrre di più, guardando all’ambiente e al reddito per gli agricoltori”.
Uk lascerà l’Europa indietro sull’innovazione?
Secondo l’indagine di Euroseeds, l’associazione che rappresenta il settore sementiero a livello europeo, lo stato di incertezza della normativa sulle Tecniche di Evoluzione Assistita (genome editing e cisgenesi) ha bloccato i programmi di innovazione del 40% delle aziende che investono in ricerca. E si guarda con timore all’Uk, fuori dall’Ue che potrà spingere in questa direzione, o agli Usa. “Il punto è essere protagonisti o essere spettatori. Se non innoviamo, lo farà qualcun altro” ha ricordato Riccardo Palmisano, presidente Federchimica Assobiotec-. C’è ignoranza di fondo sia dei decisori che del grande pubblico. Serve una campagna di comunicazione con le istituzioni e le associazioni di impresa per spiegare le nuove tecnologie agli italiani che sono male informati. E serve un percorso normativo per rimuovere gli ostacoli: la nostra proposta è avere un’agenzia nazionale della ricerca”.
“Il dibattito politico è complicato -ha ricordato Herbert Dorfmann, deputato al Parlamento europeo, commissione per l’Agricoltura e lo sviluppo rurale-. La Corte di giustizia ha detto che in base alla direttiva Ue non poteva che riconoscere Ogm le nuove tecniche: è compito della politica cambiare le regole. Il Regno Unito comincia a muoverci e dobbiamo evitare un problema commerciale. La strategia Farm to Fork apre però uno spiraglio: dice che le tecniche di miglioramento genetico potrebbero essere strumenti per raggiungere certi obiettivi di sostenibilità, come la diminuzione dei pesticidi”.
Riduzione dei costi, aumento della produttività, adeguamento ai cambiamenti climatici: il know how genomico asset strategico dell’agricoltura
Anche alcuni recenti pareri positivi dell’Efsa, che ha confermato la validità dell’uso di queste tecnologie (chiamate anche Tea dalla Società italiana di generica agraria) e le ha giudicate meno impattanti delle transgeniche, spingono nella stessa direzione . “Un lavoro scientifico di economisti agrari americani, recentemente pubblicato, dice che le nuove tecnologie potrebbe far ridurre i costi fino al 90% e potrebbero essere usate non solo per le commodity ma anche per specie di minore diffusione” ha sottolineato Fabio Veronesi, dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e ambientali, Università degli Studi di Perugia, membro del panel Gmo, Efsa.
Resilienza alle sfide del cambiamento climatico, segnate dalle fioriture anticipate che significano meno produttività, resistenza a patogeni, tutela della biodiversità. Le nuove tecniche potrebbero dare risposte importanti, in sicurezza, alle richieste che vengono anche dalle aziende sementiere più innovative.
“Non c’è agricoltura senza genetica -ha sottolineato Luigi Cattivelli, direttore del Centro di ricerca per la genomica e la bioinformatica-Crea-: questa ha permesso il raddoppio della produzione agricola negli ultimi cento anni. Non si può affrontare il futuro con le varietà di oggi o, peggio, con quelle del passato. Il know how genomico diventa un asset strategico dell’agricoltura. Questo permette in modo più veloce di adattare le piante alle condizioni attuali. Ci sono almeno tre tecnologie, genomic assisted selection, cisgenesi e genome editing. Il ministero dell’Agricoltura ha investito 6 milioni di euro per diffondere queste tecnologie in Italia. Ci sono tanti laboratori pubblici in grado di applicarle. Io stesso sono coordinatore del progetto Biotech, biotecnologie sostenibili per l’agricoltura italiana, finanziato dal ministero dell’Agricoltura per sviluppare know how nell’ambito di genome editing e cisgenesi. Interessa una quindicina di specie”.