Aloe, la pianta del benessere rischia lo stop: finirà come la cannabis?

L'intervento della Commissione Ue che vieta l'utilizzo di alcune sostanze di cui è ricca, considerate genotossiche in base alle valutazioni dell'Efsa, può frenare un mercato fiorente che va dalla cosmetica alla fitoterapia, fino all'alimentare

Piante di aloe in serra
Piante di aloe

L’entrata in vigore del Regolamento Ue 468/2021 vieta, di fatto, la commercializzazione di integratori a base di aloe e rischia di mettere ko un mercato attivo da almeno trent’anni. Molti agricoltori che hanno investito nella coltivazione di questa pianta utilizzata in ambito cosmetico, terapeutico e alimentare, sono in subbuglio.

L’errore delle aziende che non fanno sistema

Arrigo Cicero, presidente della Società italiana di nutraceutica (Sinut)

Aloe  è, in realtà, un genere di piante succulente della famiglia delle Aloeaceae che raggruppa oltre 500 specie. Dal punto di vista botanico è imparentata in qualche modo con aglio e cipolla. Solo due, l’Aloe arborescens e l’Aloe vera, vengono utilizzate a scopo terapeutico. La decisione della Commissione si basa sul parere scientifico dell’Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare). A destare preoccupazione per la sicurezza dei prodotti sarebbero i derivati dell’idrossiantracene. Sostanze di cui il succo d’aloe è ricco.

“Gli antraceni sono fondamentalmente aloe-emodina e aloina, oltre che dantrone, un derivato. –spiega Arrigo Cicero, medico e professore di Scienze tecniche dietetiche applicate presso l’Università di Bologna, nonché presidente della Società italiana di nutraceutica (Sinut)-. Esistono studi in vitro che mostrano come estratti di aloe si sono dimostrati genotossici. Per l’aloe-emodina è stato confermato in modelli animali, anche se per esposizioni molto importanti. È stato un percorso estremamente lungo, conflittuale e tortuoso  che ha portato all’eliminazione dal mercato di buona parte di piante che contengono antraceni. Sull’aloe c’è stata un’esplosione di mercato e molti hanno cavalcato l’onda ma non è stato prodotto un dossier per ottenere un claim salutistico. Le aziende non fanno sistema e così ci si trova spiazzati”.

Se per l’aloe lo stop è immediato (in presenza di queste sostanze), per altre piante scatta il monitoraggio. “Gli antraceni sono contenuti anche in altre piante usate a scopo lassativo, come la cassia, senna, frangula. L’Ue ha suggerito per queste piante un periodo di sorveglianza sanitaria”. “È un disastro” si limita a dire Chiara Dester, co-titolare, a Manerba del Garda, di Aloe Dester, azienda pionieristica specializzata nella coltivazione e produzione in vaso di aloe bio; produzione cominciata fin dal 1982, e proseguita con studi e ricerche sui suoi benefici, collaborando con l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza.

Per bevande e food c’è il rischio di danno di immagine

L'aloe è usato anche in insalate di quarta gamma mix benessere
L’aloe è usato anche in insalate mix benessere

L’aloe non è usato solo a scopo terapeutico. Oggi è ingrediente  di bevande detox. L’interesse crescente verso questa pianta della salute ha spinto recentemente a sperimentarne il gel nel food, in prodotti sia dolci sia salati. Tra questi, biscotti, taralli, snack, paste, pane, croissant, caramelle, gelati, lievitati, farine e prodotti da forno.

“Non vedo problemi per il food and beverage a base di aloe –sottolinea Cicero-, data la minima materia prima impiegata. Anche perché c’è sempre la possibilità di utilizzare estratti che non contengono antraceni. Se ci saranno degli effetti sui prodotti food and beverage a base di aloe sarà più che altro una questione di immagine e non derivante dalla normativa vigente”.

“Seguiamo con massima attenzione il lavoro che il ministero della Salute sta portando avanti per chiarire gli impatti della normativa europea sull’utilizzo di preparati alimentari con aloe-emodina, emodina, dantrone e foglie di aloe contenenti derivati dell’idrossiantracene (Had) -dichiara il deputato Filippo Gallinella (M5S), presidente della commissione Agricoltura-. Il ministero della Salute ha proposto agli stakeholder una circolare applicativa del Regolamento sia per chi produrrà tali alimenti e per chi andrà a controllarli, introducendo in maniera chiara i limiti massimi dei livelli di Had”.

 

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