“Sarebbe meglio vedere li punti che ci uniscono e non quelli che ci dividono. Ci sono tanti tavoli dove vi sono i rappresentanti di tutte le organizzazioni di filiera: cominciamo da li”. Michele La Porta, direttore vendite dell’Organizzazione dei produttori Agritalia interviene nel dibattito sulla questione di un Osservatorio sui prezzi per l’ortofrutta. “La questione è strutturale. Andrebbero sensibilizzate tutte le Organizzazioni e accorciate le filiere”.
Perché oggi si sente l’esigenza di un Osservatorio sui prezzi che coinvolga le associazioni di categoria? Non esiste già un Osservatorio prezzi e tariffe istituito dal ministero dello Sviluppo economico, poi c’è l’Istat: non si rischia una parcellizzazione di enti e istituti?
La questione è strutturale. Andrebbero sensibilizzate tutte le Organizzazioni e accorciate le filiere. Il supporto delle istituzioni è fondamentale e sicuramente un intervento importante che può essere intrapreso è la deroga all’Art. 35 del Reg.UE 1308-2013: in questi giorni abbiamo appoggiato un’iniziativa di Italia Ortofrutta che va in tal senso.
Nell’ortofrutta si avvicendano punti di vista diversi, anche sulla base delle diverse provenienze territoriali. È bene portare in primo piano tutte le istanze, soprattutto in sede ministeriale. Allo stesso tempo ritengo fondamentale che gli organismi locali si impegnino in un confronto costruttivo per lavorare allo sviluppo di piani condivisi legati al tema dei prezzi.
Qual è il problema di fondo sui prezzi?
Non vi è un problema di fondo, se non per mancanza di dialogo: in genere la questione prezzi viene affrontata evidenziando posizioni di difesa che contribuiscono ad alzare barricate, allontanandosi dal problema.
Ma c’è un reale rincaro dell’ortofrutta che va oltre il tasso di inflazione?
Il prezzo in ortofrutta, si sa, ha tante dinamiche: non c’è necessariamente la logica della speculazione. È un prodotto deperibile e le dinamiche sono influenzate da tante variabili, il meteo in tanti casi è determinante, come determinante sono la mancanza di pianificazione e programmazione.
Qual è allora la proposta?
Sarebbe meglio vedere li punti che ci uniscono e non quelli che ci dividono. Ci sono tanti tavoli dove vi sono i rappresentanti di tutte le organizzazioni di filiera: cominciamo da li.
Che numeri ha l’ O.P Agritalia?
Nata nel 2011, è presente in Puglia, Sicilia e Basilicata; attraverso i propri soci controlla le produzioni di uva e Drupacee su più di 1300 ettari e riunisce 55 produttori.
Siete focalizzati su produzione integrata, bio e uva da tavola a residuo zero.
Sì, le nostre produzioni integrate, certificate SQNPI, superano il 75% dei volumi totali; il biologico rappresenta circa il 20%, meno del 5% riguarda le uve a residuo zero. Ma non solo produzione: siamo anche impegnati in uno dei più importanti progetti di selezione varietale di uva da tavola senza semi al mondo.
Qual la situazione manodopera per la raccolta di ciliegie, pesche, albicocche? La regolarizzazione degli immigrati irregolari è un bene?
La regolarizzazione è sicuramente un bene, ma bisogna ripensare al lavoro come possibilità di inclusione, guardare all’impresa come parte organica del territorio e della società cui appartiene.
Con queste premesse nasce il progetto Primo Passo, che abbiamo realizzato con la Caritas Diocesana e Altromercato per offrire ai rifugiati ed emarginati la possibilità di intraprendere un percorso professionale formativo che consenta l’inclusione sociale. Da sola la regolarizzazione potrebbe non essere sufficiente.
Allargherete ad altre produzioni il residuo zero?
Siamo impegnati su tanti fronti: il biologico, per esempio, ci vede impegnati su uva, fichi, ciliegie, albicocche e nettarine. Al momento il residuo zero coinvolge solo l’uva da tavola. Lanciata la scorsa stagione, ha riscontrato molto interesse: quest’anno i volumi interessati a questa produzione sono aumentati, raggiungendo circa 2000 quintali. Nel prossimo futuro sicuramente il residuo zero verrà esteso e coinvolgerà altra buona frutta.