L’innovazione varietale è sempre più una chiave di sviluppo per l’ortofrutta e la questione dei brevetti e della loro tutela è uno dei punti caldi. Il tema è stato approfondito, con un confronto tra mondo dell’università, ricercatori e imprese, a Macfrut nel convegno La filiera dell’innovazione varietale in frutticoltura: brevetti, forme di protezione e modelli di sviluppo commerciale, promosso da Soi (Società di ortoflorofrutticoltura Italiana) e Civi Italia nell’ambito del Salone del Vivaismo (Plant nursery Area).
Gli aspetti giuridici
“Oggi la quasi totalità dei nuovi rilasci varietali viene lanciata sul mercato attraverso privative comunitarie o nazionali, brevetti spesso accompagnati da marchi commerciali” ha ricordato Stefano Lugli, coordinatore eventi Plant nursery Area.
“ La normativa Ue che regola la protezione dei diritti di proprietà intellettuale delle nuove varietà vegetali presenta almeno tre elementi di peculiarità -ha precisato Daniele Bassi dell’Università degli Studi di Milano-. La protezione si estende fino al frutto, per cui l’operatore (compreso il venditore finale), che possiede i frutti di una varietà protetta, deve saper render conto della provenienza, in modo da risalire a eventuali utilizzi non autorizzati; si estende anche alle mutazioni che eventualmente dovessero insorgere; non è impedito l’utilizzo del polline da parte di terzi, in questo modo non si limita l’allargamento della base genetica della specie”.
“Le recenti sentenze della Corte di Giustizia europea e della Corte costituzionale italiana ispirate dal caso Nadorcott (una varietà di mandarino senza semi, ndr) hanno sollevato interrogativi sulla gestione dei diritti da parte degli ‘editori’ o gestori dei club. A questo riguardo continuiamo a monitorare l’evoluzione giuridica in materia da parte dei tribunali nazionali e delle giurisdizioni superiori -ha raccontato Francesco Mattina, presidente Ucvv (Ufficio comunitario delle varietà vegetali)-. Un aspetto ricorrente riguarda il lungo intervallo di tempo tra la presentazione della domanda di protezione e la concessione effettiva della privativa. Ma mentre negli Usa la concessione dei diritti si basa principalmente sulla descrizione fornita dal costitutore, l’Ucvv segue le linee guida Upov (Unione Internazionale per la protezione delle nuove varietà vegetali). Il sistema legale adottato nell’Ue prevede che il rilascio di una privativa per ritrovati vegetali sia condizionato a un esame tecnico della varietà candidata attraverso prove di campo in centri d’esame specializzati negli Stati membri, che richiedono rigorosi test Dus (Distintività, uniformità, stabilità)”.
Focus su melo e kiwi
Sul melo, che vede lo sviluppo di tanti prodotti Club, è intervenuto Walter Guerra del Centro di sperimentazione Laimburg. “L’attività di miglioramento genetico a livello globale ha raggiunto i massimi storici come intensità. È auspicabile che anche in futuro i tanti nuovi ibridi vengano testati nell’ambito di prove indipendenti come quelle della rete Eufrin con oltre 20 istituzioni pubbliche europee, tra cui 5 italiane, prima di essere messe a dimora con un investimento importante a lungo termine. Nel mondo del melo si riscontrano una miriade di mutazioni sempre più simili che mettono a dura prova gli esaminatori del criterio della distinguibilità, una delle prerogative per ottenere una privativa”. Jürgen Braun ha proposto due case study del marchio Kiku per illustrare un “club light”, semi-libero, e la nuovissima Crimson Snow come club vero o tight.
In tema di kiwi è ha intervenuto Raffaele Testolin dell’Università degli Studi di Udine. “Le varietà libere restano poche (Hayward, tra quelle a polpa verde, Jinfeng, tra quelle a polpa gialla, e poche altre). Se l’editore ha fatto un buon business plan e lavora bene, tutto fila liscio; se non è in grado di fare con professionalità il proprio mestiere, sono danni per tutti. Certamente il lancio di una nuova varietà richiede investimenti e professionalità, altrimenti il beneficio rischia di essere solo per i vivaisti”. Infine Ugo Palara, presidente di New Plant, ha parlato di Dulcis: “Un progetto tutto italiano, frutto della partnership con istituti di ricerca nazionali, e tutto cooperativo, ovvero a vantaggio soprattutto dei frutticoltori”.