E’ attesa in calo nel 2018 la produzione italiana di pesche, nettarine e percoche. Per le previsioni definitive occorrerà attendere fino al 24 maggio prossimo, ma si stima un calo del raccolto già molto evidente nel Sud-Italia, mentre per il Nord-Italia, che sconta un ritardo di maturazione a causa del clima, si parla ancora di “tendenza”.
Lo ha spiegato Elisa Macchi, direttore del Cso Italy, al convegno sulla peschicoltura organizzato lo scorso 8 maggio a Macfrut, dallo stesso Cso, avvertendo però che “a causa dei ritardi produttivi (da 7 a 15 giorni) legati al freddo e al gelo risulta ancora difficile oggi stimare i volumi di produzione nel Nord-Italia”.
Nel Sud-Italia invece sembra annunciarsi molto chiaramente il calo dei quantitativi rispetto al 2017 che invece aveva visto buone produzioni a causa del gelo tra fine febbraio e inizio marzo che ha colpito soprattutto le produzioni precoci ed extra precoci, ma non ha risparmiato neppure le tipologie medio tardive in Campania”. Le previsioni per il 2018 indicano infatti un calo del 23% per le pesche, ferme a poco più di 228mila tonnellate, del 29% delle percoche, scese a 47.100 tonnellate e del 21% per le nettarine, arretrate a 209mila tonnellate. Per quanto riguarda le superfici al Sud si mantengono gli investimenti dello scorso anno anche se con diversità fra le singole aree.
Al Nord-Italia la tendenza è negativa per pesche e nettarine
Nell’Italia Centrale si stima una flessione dei volumi del 15% per le pesche, del 12% per le percoche e del 16% per le nettarine a fronte di un calo delle superfici e dei rendimenti medi inferiori nelle aree più a sud e nelle regioni adriatiche. “Per quanto riguarda il Nord-Italia – ha continuato il direttore del Cso Italy – al momento è possibile solo dare una tendenza: è probabile una flessione della produzione di pesche che potrebbe arrivare anche al 10% (rispetto alle 147mila tonnellate del 2017). Nella migliore delle ipotesi potrebbe essere di qualche punto percentuale in meno. Per le percoche la produzione dovrebbe mantenersi costante, quindi poco al di sopra delle 15mila tonnellate, mentre per le nettarine è stimato un calo maggiore, superiore al 10% o, almeno una riduzione di oltre il 7% (rispetto alle 316mila raccolte nel 2017).
Il 2017 annata disastrosa per i prezzi alla produzione e l’export
“Se nel 2016 la produzione era stata discretamente valorizzata – ha fatto notare il direttore del Cso – il 2017 si è rivelato drammatico con prezzi crollati anche a 0,25 euro al chilogrammo”.
“Per quanto riguarda i consumi – ha sottolineato Macchi – i dati del mercato interno indicano un incremento dei volumi dell’11% rispetto al 2008 e un lieve progresso (1%) nell’ultimo anno (2017 su 2016). In valore l’aumento si è fermato invece al 6% negli ultimi dieci anni”. E’ invece in grande sofferenza l’export che come segna un calo di fatturato del 16% tra il 2017 e il 2016 e un crollo del 50% rispetto al 2008, mentre in volume perde il 12% in un anno e il 32% negli ultimi 10 anni”. La nota più dolente, anche per le spedizioni all’estero, è la sovrapposizione del picco di produzione (giugno e luglio) che in Italia da qualche anno coincide con quello della Spagna che tuttavia riesce ad esportare molto bene.
Anche all’estero la peschicoltura è in difficoltà
La Spagna è oggi alle prese con un calo dei consumi di pesche, come ha sottolineato Javier Basols di Cooperativas Agro Alimentarias Espan: “Da 7-8 chili all’anno procapite di qualche anno fa siamo passati a 4 chili. E su 50 milioni di abitanti sono milioni di chili di produzione persa. Va tentato di recuperare anche il mercato interno, lavorando sulla qualità e sulla comunicazione”.
Anche la Grecia non ha avuto un 2017 facile: come ha spiegato Christos Giannakakis delle Cooperative agricole di Imathia “I produttori sono arrivati a prendere 0,15 centesimi al chilo. Per il 2018 anche noi prevediamo cali di produzione dovuti soprattutto alle condizioni meteorologiche avverse che hanno danneggiato almeno 13 mila ettari”.
Così si supera la crisi della peschicoltura italiana
“Non è facile pensare che il mercato possa essere diverso nei prossimi 4-5 anni – ha detto Ilenio Bastoni, direttore generale di Apofruit -. Abbiamo subito l’embargo della Russia, ma anche la concorrenza tra le diverse specie, ad esempio le nettarine che competono con susine e albicocche. Come uscirne? Il modello è quello della fragola: si è lavorato sulla qualità, sulla differenziazione dell’offerta e sull’innovazione varietale”.
Per Gabriele Ferri, coordinatore del Comitato Pesche e Nettarine di Ortofrutta Italia, resta fondamentale la qualità: “Ci troviamo di fronte a un mercato in calo anche perché la normativa consente ancora oggi di commercializzare un calibro D. Da qui la mancanza di reddito delle nostre aziende agricole e la riduzione degli investimenti su queste colture”.
D’accordo anche Giancarlo Minguzzi, presidente di Fruitimprese Emilia Romagna. “Abbiamo le stesse produzioni di pesche e nettarine della Spagna che esporta però il 70% del prodotto contro il 30% del nostro Paese. La Spagna vince forse sulla qualità, l’Italia è più lenta nel ricambio, ma oggi tutte le Op si stanno muovendo”.
Davide Vernocchi, presidente di Apo Conerpo, ha ribadito quelle che sono oggi le richieste del settore alla politica: “Al tavolo strategico dell’ortofrutta non siamo andati a chiedere soldi, ma misure di sostegno per una frutticoltura competitiva. Abbiamo chiesto ad esempio la creazione del catasto della frutticoltura che permetterà di programmare la produzione e impostare gli investimenti per il futuro”.