A Fruit Logistica 2023 (hall 3.1, stand A-42) debuttano le soluzioni innovative di Tomato+. Nata nel 2016, la pmi propone un modello di coltivazione idroponica indoor sui generis: una famiglia di serre modulari (a Berlino ci sarà un container da 11 metri completamente visitabile) in base alle esigenze del cliente, di facile funzionamento grazie al sistema delle cialde, modello caffè: basta inserirle nei pod della serra e avviare il ciclo di coltivazione per avere in poche settimane il prodotto desiderato. L’azienda è presente con clienti e distributori attivi in 13 Paesi e la produzione è di oltre 50 colture tra verdure a foglia, erbe aromatiche, baby leaf, germogli, funghi. Ma la produzione “non ha limiti”, come racconta il ceo Daniele Rossi. Aziende agricole, scuole, mense, hotel, ristoranti i destinatari delle serre, ma anche i supermercati, come dimostra l’accordo con Globus in Svizzera e uno in sviluppo sul mercato italiano.
Come nasce Tomato+?
Mi sono occupato per circa dieci anni di progettazione e realizzazione di esterni di giardini di alto livello, grandi parchi di resort e hotel. A fine del 2014, in Siberia, stavamo progettando un giardino milionario e mi sento dire: ‘Il futuro non è fare giardini ma farsi i pomodori in casa’. Sono andato in un supermercato e un solo pomodoro, che noi avremmo scartato, costava 3 dollari: c’è un problema gigantesco sulla filiera. Da lì è nata l’idea, del resto c’erano già chef e famiglie che si coltivavano i microortaggi in casa, verdure. Oggi siamo in provincia di Brescia, a Borgosatollo, una decina di operatori interni e molti collaboratori.
Come si distingue Tomato+ rispetto ai competitor?
La nostra soluzione è una cialda biodegradabile, compostabile, pronta all’uso, come quella del caffè da dare all’utilizzatore finale. Un sistema automatizzato che produce la verdura con un click: taglio la filiera e porto il seme nel punto di consumo. Si controlla umidità, temperatura, luci e loro frequenze, soluzione nutritiva, ventilazione, irrigazione. Per fare questo abbiamo cominciato con modelli tipo elettrodomestici. Oggi abbiamo due versioni di queste serre: Horto4, a 4 ripiani, è una colonna frigo alta 2 metri, 4 microclimi, 324 cialde, normalmente utilizzata nella ristorazione, anche collettiva, negozi, garden; Horto2 è invece la versione a due ripiani, dimensione di una lavastoviglie da incasso, 2 microclimi, con 144 cialde, per l’uso domestico.
Le diverse tipologie di moduli sono solo per l’horeca?
Nel 2019 siamo passati ai sistemi industriali Horto Professional, con la dimensione di un container: celle isotermiche di più dimensioni, 5, 8 e 11 metri, fino a 24 mila cialde e 68 mq coltivabili, con un software più evoluto che controlla più parametri, 4 frequenze colori. Ogni 6 secondi misuriamo umidità, temperatura, luci, CO2, frequenza delle luci; i led sono raffreddati a liquido, frutto di nostra produzione, anche il software lo è.
Sono moduli pronti che spediamo al cliente: basta collegare acqua e corrente (quasi tutti usano fonti rinnovabili per alimentarli) e funzionano in automatico. Questi prodotti vanno ad aziende agricole, scuole. In Lussemburgo stiamo lavorando con il ministero dell’Educazione e abbiamo un piano per fornire 100 di queste macchine, che saranno installate in circa 60 istituti per autoprodurre verdure e funghi a centimetro zero.
C’è anche interesse a fornire i supermercati?
Sì, stiamo lavorando soprattutto all’estero, per esempio con Globus in Svizzera. In Italia forniamo piccole catene retail e stiamo cominciando a collaborare con grandi catene, siamo in fase preliminare.
Come funzionano le serre nei supermercati?
Noi forniamo le serre, il supermercato fa crescere il basilico o altre produzioni che rivende. Nei negozi si può usare la Horto4, che arriva produrre 324 piante; altrimenti si possono mettere più macchine o tenere un HortoProfessional all’esterno, dai 5 metri a salire. Globus ha optato per le Horto4 esposte internamente. Anche per l’Italia per ora abbiamo fornito piccole Horto4 che sono esposte nel reparto ortofrutta.
Qual è il vostro modello e come si distingue dalle grandi vertical farm?
Il nostro modello è stato fin dall’inizio portare il prodotto nel punto di consumo. Le vertical farm tradizionali fanno un ottimo lavoro, puntano su un prodotto di alta gamma, risparmio acqua ed energia, ma poi le buste finiscono su un camion, occorre tenere il prodotto refrigerato e al massimo dura 7 giorni. La cialda invece è utilizzabile da chiunque, all’interno è già seminata, ha una serie di strati che portano l’umidità corretta, può essere tenuta in un cassetto fino a 12 mesi. Oltre alla comodità c’è una questione tecnica di risultato: non c’è il lavoro di cercare il substrato: il seme (che acquistiamo da aziende italiane ed estere) cresce in un tappeto inerte. È un sistema brevettato. Il cliente può poi mantenere ancora il prodotto a casa per qualche giorno con le radici messe in acqua.
Quali sono le vostre maggiori produzioni?
Tecnicamente possiamo fare tutto, anche pomodori. Negli Horto professional si producono funghi, zucchine, lenticchie, zafferano, cannabis, non c’è un limite. Per i supermercati e il consumo domestico abbiamo selezionato piante che crescono in meno di 4 settimane per avere rotazione, insalate e basilici. Che vanno molto anche per la ristorazione, come rucola, germogli, pack choi, tatsoi. Tra i clienti abbiamo anche stellati come Heinz Beck, Pietro Leemann, Felix Lo Basso. Noi forniamo delle serre avanzate, riteniamo che siano le più avanzate sul mercato, e funzionano in modo semplice: poi è il cliente che decide cosa produrre in base al suo mercato.
E il packaging?
Qualcuno taglia e insacchetta nel punto di consumo. Globus utilizza dei coni di legno dove si infila la cialda con le radici e la piantina di basilico. Sulla cialda c’è il nome del nostro brand, il pack è del supermercato. Non è nostra intenzione rivendere nel supermercato.
Qual è la capacità produttiva?
Fino a 40 elettrodomestici al giorno; per l’Italia facciamo anche i comodati d’uso con acquisto di cialde. Per i sistemi Horto Professional, per la coltivazione industriale, 5 al mese. Un container di 11 metri arriva a una produzione di 70 quintali l’anno: più del fabbisogno di un singolo supermercato per insalate e aromatiche.
Tomato+ sta anche collaborando con il Consiglio nazionale delle ricerche per un progetto di arricchimento delle colture, che possono diventare funzionali con più vitamine o sali minerali tramite i sistemi di nutrizione e la gestione del clima.
Le nostre luci, che ci produciamo, sono gestibili su diversi canali: possiamo cercare la ricetta luminosa che più ci serve per ogni tipo di pianta. E questo la induce ad assimilare una sostanza più di un’altra. Siamo riusciti, per esempio, a far sì che il basilico assumesse più vitamina B 12 all’interno delle foglie. Stiamo facendo le analisi definitive per capire la quantità contenuta.
In quale direzione alla fine va il vostro modello?
Per il futuro, prevedo una crescita generale dell’indoor farming, e nello specifico, ancora più accelerata nell’ambito domestico, horeca e retail. Da qui a 20 anni mi immagino che la maggior parte delle famiglie e ristoranti avranno verdure prodotte a Km0 o Cm0. Stiamo collaborando con architetti che progettano centri residenziali in Europa e prevedono i nostri container come servizio: con dei pannelli solari il consumo elettrico è zero, si risparmia il 98% di acqua, non ci sono costi di trasporto, la cialda pesa 4 grammi, non c’è bisogno di tenerla in frigo. Collaboriamo anche con mense aziendali, per esempio con Cir Food district, poi le scuole, per consumo e didattica.