Occorre raddoppiare a livello globale i consumi vegetali, frutta, verdura, legumi e frutta secca. E ridurre di oltre il 50% gli zuccheri. Sono alcuni dei passaggi dello studio della commissione Eat, presentato a Oslo, e pubblicato dalla prestigiosa rivista scientifica Lancet.
Nella scelta dei vegetali, attenzione anche al giusto equilibrio dei colori
Lo studio, realizzato da 37 esperti di nutrizione da 16 Paesi, è il lavoro più completo sugli effetti della sana alimentazione. E vuole essere una sorta di dieta universale basata su criteri scientifici per una popolazione mondiale che nel 2050 arriverà a 10 miliardi di persone. La razione di vegetali giornaliera raccomandata è di 300 grammi, facendo attenzione all’equilibrio dei colori: verde (100 gr), giallo-arancio (100 gr) e altri (100 gr). A questa vanno aggiunti ogni giorno 200 grammi di frutta. Tra i benefici di frutta e verdura, sono ricordati la prevenzione di malattie cardiovascolari, la riduzione della pressione e del rischio diabete, e la riduzione del peso.
Fondamentale anche l’apporto di legumi, come lenticchie, soia e piselli, circa 75 grammi. E di frutta secca (50 grammi), come le noci. Stop allo zucchero: il massimo è 31 grammi al giorno (aggiunto o meno).
L’importanza della biodiversità: zapote, chaya e chenopodio i prossimi superfood?
Importanza è riservata alla tutela della biodiversità. Delle 14mila specie di piante edibili, ricorda il report, solo 150-200 sono oggi utilizzate dall’uomo, con 3 che contribuiscono al 60% delle calorie (riso, mais e frumento). Molte varietà hanno però un alto profilo nutrizionale. E si adattano bene ai cambiamenti del clima. Tra queste c’è, per esempio, la quinoa, il sorgo, miglio, teff.
Trai vegetali ne vengono indicati alcuni oggi ancora poco conosciuti. Come zapote, un frutto dell’America Centrale la cui polpa ha colore e sapore di cioccolato; chaya, una pianta sempreverde conosciuta come spinacio messicano, nativa della penisola dello Yucatan, un tempo alimento base nella dieta dei Maya. E, infine, il chenopodio, una pianta simile all’amaranto che cresce anche in Italia, dove è conosciuta come farinaccio o farinello. Saranno i prossimi superfood?