Contro la concorrenza sleale del prodotto cinese, che costa un quinto rispetto a quello italiano, grazie a bassa qualità e a poche garanzie igienico-sanitarie, il Consorzio dei produttori regionali del peperoncino di Calabria gioca la carta del marchio di tutela. Ha presentato, infatti ufficialmente al Mipaaf il disciplinare per l’Indicazione geografica protetta, con il supporto di Cia-Agricoltori Italiani.
Dalla Calabria un quarto della produzione nazionale: cresce la domanda dell’industria
La Calabria realizza il 25% del prodotto italiano ma il nostro Paese non copre più del 20% del fabbisogno di peperoncino. Ne importa più di 2 mila tonnellate, prevalentemente dalla Cina, dai bassi standard qualitativi e con prezzi assolutamente inferiori rispetto a quelli di mercato: circa 3 euro contro i 15 del costo medio italiano.
Se il peperoncino nazionale viene rigorosamente selezionato, raccolto a mano e trasformato con l’impiego di tecniche d’avanguardia, compresi i macchinari all’ozono per la perfetta essiccazione, quello cinese è il risultato di tecniche di raccolta e trasformazione molto grossolane, con le quali la piantina viene interamente triturata –compresi picciolo, foglie, radici-, con pochissime garanzie di qualità e requisiti fitosanitari. La polvere stessa è per sua natura facilmente sofisticabile. E anche quando il peperoncino viene importato fresco o semi-lavorato la sua qualità viene compromessa dall’utilizzo di molti conservanti.
Cia: “Investire su ammodernamento delle macchine e nuove cultivar”
Cia ha, dunque, supportato con vigore l’iniziativa del Consorzio del peperoncino di Calabria. Anche per andare incontro alla domanda crescente dell’industria alimentare (soprattutto sughi e salami piccanti). Senza dimenticare l’export, con la richiesta per salse e condimenti delle grandi aziende del food, specialmente dei Paesi Bassi, che rappresentano la destinazione del 50% della produzione di peperoncino della Calabria.
“Il sistema produttivo italiano – fa notare Cia- oltre a certificazioni di qualità, avrebbe, bisogno anche di un ammodernamento delle tecniche di lavorazione per abbattere i costi produttivi, a partire dal miglioramento varietale delle cultivar”.