Pieno coinvolgimento sul fronte ambientale, per portare sul mercato prodotti che abbandonino la chimica. E comunicazione innovativa che guarda al lato culturale ma anche salutistico come quella dei polifenoli nel cavolfiore o la collaborazione nel progetto che ha visto coinvolti la Lilt e lo chef Davide Oldani per il mese legato alla prevenzione da tumori. L’Op Solco Maggiore, nella Piana del Sele, ha obiettivi importanti e d’avanguardia, come racconta il direttore Antonio Vocca.
Inquadriamo l’Op Solco Maggiore con qualche numero.
È composta da 24 aziende, prevalentemente locate nella Piana del Sele. I prodotti di punta sono il cavolfiore, scarole, indivie, finocchio, carciofi, meloni, angurie, zucchine, melanzane, i pomodorini, dal datterino, al grappolo al ciliegino, dallo striato al rosso, al verde. Per l’attività produttiva ci affidiamo ai nostri tecnici di campo per la selezione di varietà. Il giro d’affari è di circa 11 milioni di euro e i volumi sono circa 16 milioni di kg. Siamo presenti un po’ in tutta la gdo italiana. L’export incide per il 10% circa: Paesi Ue, Germania, Nord Europa. L’Op è dotata di un impianto, in convenzione, dove avviene la lavorazione e lo stoccaggio del prodotto.
Che riscontri ci sono nelle produzioni residuo zero e bio?
Il residuo zero sul cavolfiore ha dato riscontri più che incoraggianti soprattutto verso quei mercati che mirano a un prodotto davvero eccellente. Esso viene distribuito soprattutto dalla Moncaldi Raffaele srl. Durante il Covid c’è stata una flessione per la crisi del canale horeca. Con il post Covid si è attivata una ripresa. Quest’anno la produzione ha visto un incremento dei volumi. Abbiamo sostenuto il reddito agricolo con un buon prezzo medio. Il discorso di filiera chiusa e di qualità è fondamentale per un riscontro del mercato. Noi garantiamo anche la tracciabilità, con analisi puntuali a verifica dei protocolli stabiliti dai disciplinari.
L’Ue ha deciso di spostare al 2035 il dimezzamento degli agrofarmaci, come vede questa misura?
Non ci mette in crisi questa misura: il sistema di qualità va inteso a livello totale e include anche la parte ambientale. Già da quando ci siamo costituiti, 10 anni fa, la prima attività innovativa sviluppata era un sistema di certificazione che riducesse la chimica e alcuni fitofarmaci. Siamo sostanzialmente speculari al sistema bio, che è il nostro punto di arrivo, passando da una riduzione progressiva della chimica, attraverso la certificazione integrata.
L’Op lavora in pieno campo, dunque con rischio di clima e patogeni: adottate tecnologie dell’agricoltura 4.0?
Sì, utilizziamo per esempio, le centraline meteo per rilevare in anticipo i cambiamenti di temperatura, umidità eccetera. Facciamo molta attività di ricerca. A giugno abbiamo chiuso un progetto, Saperi e Sapori bio, dove abbiamo inserito tra i sistemi di coltivazione anche queste centraline e la tracciabilità del prodotto legato allo storytelling, dalla coltivazione alla trasformazione. Sull’attività circolare stiamo avviando una collaborazione, vista la zona vocata, con la Op Bufalina di Paestum, per l’attivazione di un processo di produzione di compost più nutriente, con gli scarti dei nostri vegetali, indivie e scarole, e la sostanza secca, proveniente da deiezioni bufaline.
Come nasce l’idea del cavolfiore per la ricerca, con il coinvolgimento dello chef Oldani anche nel packaging?
Nel progetto Saperi e sapori bio c’è stata una parte relativa alla nutraceutica, al contenuto dei polifenoli intrinseci non solo al cavolfiore. È un’attività che abbiamo attivato con il dipartimento di Ingegneria industriale, sezione Ingegneria degli alimenti, dell’Università degli Studi di Salerno, con cui lavoriamo da lungo tempo. Abbiamo verificato il contenuto dei polifenoli nel cavolfiore: sono elevatissimi. Stiamo elaborando una procedura di rilevazione per esporli anche in etichetta con il restyling della linea. È complicato, ma stiamo verificando l’esatta procedura e attendibilità rispetto al singolo lotto con una tracciabilità della campionatura. Questo interesse è stato lo spunto per alzare sempre più l’asticella della qualità e arrivare alla qualità totale che l’Op ha come obiettivo. Sulla nutraceutica siamo agli inizi ma c’è tanto da dire. Questi temi sono stati condivisi con la Moncaldi Raffaele srl che ha sviluppato e curato l’intero progetto del Cavolfiore Solidale e i collegamenti con la Lilt. Noi abbiamo introdotto lo chef Oldani, avendo l’Op come strategia l’abbinamento tra campo e piatto: in passato abbiamo collaborato con Sal De Riso e Antonino Esposito.
Quale sarà il prossimo progetto di promozione-comunicazione?
Nel 2024 ci focalizzeremo sulla comunicazione in ambito storico-culturale, con l’obiettivo di raccontare l’agricoltura utilizzando anche nuovi linguaggi e registri espressivi, raccontare così la storia del prodotto legato al territorio e viceversa, avvalendoci del Qr code e di contenitori culturali, del genere festival, per sensibilizzare l’opinione pubblica rispetto ai temi che con l’agricoltura trovano una più ampia connessione. Il tutto a partire dai prodotti della Op, il cavolfiore è tra questi: con le sue circa 50 varietà, coprendo un calendario di raccolta che va da ottobre a maggio.