Leonardo Odorizzi è amministratore della Odorizzi srl e tra i soci fondatori della Grande Bellezza Italiana. Con lo slogan Coltiviamo Passioni, la rete d’impresa riunisce sei realtà produttive storiche del panorama ortofrutticolo nazionale (Odorizzi, Coofrutta, Join Fruit, OP Geofur, Bergonzoni Frutta, Perusi). Una produzione complessiva di 1,7 milioni di quintali (quasi mezzo milione di quintali per la Odorizzi). L’obiettivo è offrire al mercato un assortimento top di gamma di ortofrutta italiana di qualità che spazia dalla mela (anche esportata), al kiwi, arance, pere ma anche ciliegie, pesche e nettarine, susine, mirtillo. E comprende alcuni prodotti Igp (Clementina di Taranto, Radicchio di Verona, Mele Rosse Cuneo, Cipolla Margherita di Savoia).
Qual è la situazione su materie prime, logistica, energia?
Bisogna dividere le orticole dalle frutticole. Sulla frutta si può fare poco: subisce gli aumenti dei fertilizzanti che sono triplicati. Con una pianta pluriennale devi andare avanti, non hai possibilità di scegliere. Con le orticole solo per una preparazione di un campo siamo passati da circa 6 mila euro a ettaro a diecimila.
Cosa incide?
Soprattutto il carburante: il gasolio agricolo è quasi raddoppiato: serve per arare il terreno, “fresarlo”, trapiantarlo. Poi c’è la fase irrigazione, fino alla raccolta. Non oso immaginare il costo delle angurie questa estate. I concimi sono passati da 300 euro al quintale a quasi mille euro. Concimi triplicati, gasolio agricolo raddoppiato ma gli stipendi rimangono invariati.
Sull’energia?
Dipende. Chi ha scelto di aderire a gruppi di acquisto, fissando i prezzi un anno fa, riesce a contenere l’aumento nell’ordine del 70-80%. Dai 9-10 centesimi al kw/H siamo a 21 solo per la componente variabile cui vanno aggiunti costi fissi e di trasporto: chi ha scelto il libero mercato si trova ad aumenti a 6 volte, fino a 60 centesimi al Kw/H. Su un chilo di mele si arriva a una maggior incidenza di 3 centesimi, che equivalgono al 10% in meno della remunerazione del produttore. Con l’energia è molto difficile capire quale sia la strategia più conveniente proprio perché soggetta all’instabilita geopolitica. Le aziende hanno bisogno di stabilità per programmare, operare e mantenere sane le filiere.
Che impatto avrà sulla gdo?
Questi costi non sono spalmati in modo uguale a livello europeo. Il gasolio in Italia è passato da 1,10 euro, dato di giugno 2021, a 1,68 più Iva. A noi ci distruggono le accise governative. Ci sarà una Spagna che potrà entrare a costi più o meno dello scorso anno e l’Italia che spenderà dal 25 al 30% in più per il costo della logistica. Più vado all’estero meno peserà questo aumento, più rimango in Italia più peserà. Allo spagnolo converrà venire in Italia perché ha costi inferiori di gasolio. La filiera italiana sarà in sofferenza per i rincari sulla logistica. Altra cosa i trasporti Oltremare che, dati i costi di noleggio dei container, sono proibitivi.
Veniamo agli imballaggi.
Ci sono aumenti abbastanza importanti, però tutti sono danneggiati in modo uguale. Tornano convenienti le cassette in ortofrutta (abbattibili /riutilizzabili), perché non subiscono gli aumenti del petrolio. Sono richiudibili e la logistica influisce meno, rispetto al cartone passato da 80 centesimi a scatola a 1,10, quasi il 30% in più negli ultimi 12 mesi.
Cosa cerca di fare La Grande Bellezza Italiana?
La chiave messa in campo è valorizzare. La strategia è confezionare solo prodotti che hanno alto valore aggiunto: qualità, packaging che comunichi qualcosa. Con questa logica stiamo facendo un patto con il consumatore, come ha fatto qualche realta internazionale del kiwi. Valore di contenuto, comunicazione, servizio, salubrità: è l’unica chiave per spendere qualche euro in più e mantenere la filiera italiana. Calibro e certificazioni sono ormai prerequisiti. Il clementino Igp di Taranto da tre anni ci sta dando soddisfazioni e riusciamo a uscire con prezzo fisso sul banco. Allora lì la filiera è argine contro gli aumenti spesso imprevedibili e da forza maggiore.
Cosa succederà per la frutta estiva?
Ci sarà un rimescolamento delle tratte dei prodotti. La Grecia o la Polonia che esportavano in Ucraina dove andranno? Le traiettorie delle merci avranno variazioni, alcune arriveranno in Italia. Dovesse spostarsi la guerra in Polonia avremmo dei buchi inimmaginabili: nell’industria finiscono il 70% delle mele polacche. Mandano 30 milioni di quintali di mele per l’industria, l’Italia in toto ne produce 20 milioni. Vedo però anche una chiave positiva: ci sarà magari un ritorno alla filiera italiana. Il consumatore si chiederà da dove viene il prodotto. E ci sarà una maggior sensibilità anche nei buyer che si trovano magari con scaffali un po’ vuoti per scelte fatte: abbiamo visto quello che è successo con l’olio di girasole.