Euthalia: il localismo è avanguardia

Gian Michele Galliano, chef del ristorante di Vicoforte, in provincia di Cuneo, racconta come valorizza la produzione vegetale autoctona, con una cucina wild e montana. L’orto, il foraging di erbe selvatiche e le nicchie Slow Food fornite dai piccoli agricoltori del territorio

Lo chef del ristorante Euthalia Gian Michele Galliano
Lo chef Gian Michele Galliano

Il Santuario vanta la cupola ellittica più grande al mondo. A Vicoforte, 30 km da Cuneo, ai piedi delle Alpi, lo chef Gian Michele Galliano, 45 anni, ha creato il ristorante Euthalia, nome che in greco significa fiore che sboccia, un rimando alla natura, con sensibilità giapponese. La cucina montana punta sul localismo, con qualche richiamo nordico, wild. Utilizza al 70% vegetali, valorizzati dall’orto, il foraging, e dal legame con piccoli agricoltori che forniscono prodotti di nicchia, biodinamici e presidi Slow Food.

Cucina di montagna e kaiseki: come si incrociano le due caratteristiche?

Sono stato in Giappone e ho visto questo tipo di servizio: tutto quello che viene recuperato giornalmente viene cucinato e servito in tanti piatti in piccole porzioni. In questo modo c’è sempre meno spreco. Ho tolto la carta: ho due menu degustazione di 11 e 16 portate. Da artigiani della zona faccio fare posate, piatti: tutto a base di materiale naturale, legno, roccia, pietre. Alcuni li produciamo noi.  Coltivo diversi vegetali in un orto in montagna. Faccio foraging: in questi giorni raccolgo aglio orsino, timo serpillo, stellina odorosa, pimpinella, tarassaco.

Che cosa viene coltivato nell’orto?

La cucina naturale di Euthalia
La cucina naturale dello chef Galliano

Zucchine, zucchine trombetta, piselli, insalate, rumex, acetosella, patate di montagna a pasta gialla, che crescono molto bene. Poi malva, fagiolini. Lavoro con 4-5 contadini raccoglitori. Oggi mi stanno dando erba stella, crescione, spinacio selvatico, fragole Mara Des Bois biodinamiche. Stanno arrivando le pesche, piccole mele selvatiche. Dove posso uso prodotti solo bio o biodinamici. Tutti i miei fornitori sono catalogati e messi sulla pagina Internet: è un discorso di sostenibilità e di sinergie.

OAD, la piattaforma globale di recensioni di ristoranti che celebra il meglio del talento culinario mondiale, ha da poco annunciato la sua attesa classifica dei migliori ristoranti europei per il 2021: ai primi due posi ci sono un ristorante danese e svedese. L’avanguardia è ancora dei Paesi scandinavi?

L’avanguardia è tornare indietro e usare la tecnologia sui nostri ricordi: io, per esempio, non utilizzo le fermentazioni, anche se le trovo interessanti. C’è stato un momento in cui la ristorazione guardava alle lavorazioni di Ferran Adrià. Oggi bisogna valorizzare i propri prodotti. Noi abbiamo una grande storia regionale: uo uso solo le erbe montane locali, seguo il localismo. Valorizzo il peperone di Carmagnola, quello quadrato della Motta, l’aglio di Caraglio; verso la Liguria il carciofo violetto di Albenga, i fagioli bianchi di Conio, gli oli di Imperia. Anche questo è essere autoctono.

Un piatto simbolo?

La leggerezza dei piatti vegetali dello che Galliano
La leggerezza dei piatti vegetali di Euthalia

Il bosco. Gira in modo stagionale e alla base ci sono funghi, che ci sono tutto l’anno (sono in arrivo i porcini estivi e i galletti) e le lumache. Poi licheni, che si usavano per tisane diuretiche; recupero poi della terra, dove raccolgo i funghi, che trasformo in una spuma. E poi erbe del momento, come edera, erba stella, issopo, elicrisio.

Cucina wild. Chi è il cliente abituale?

Sì, i clienti vengono anche per sperimentare. Ripropongo anche i cibi di una volta, guardando anche al lato salutistico e alla leggerezza: uso per il 70% prodotti vegetali, intervallo i menu con infusi di erbe aromatiche amare, brodi ed erbe.

Sulla filosofia anti-spreco?

Recupero tutto. Per esempio dalle bucce della carota bio ricavo un brodo. Preparo una crema di ortica: quando la setaccio, faccio essiccare la fibra, la polverizzo e la riutilizzo.

Il naturale domina, ma tra i nuovi trend si affaccia il food-tech, come la “carne” plant-based.

Alcune di queste carni alternative vegetali sono veramente eccezionali: sembra di mangiare effettivamente carne. Se provenienza ed etichetta danno garanzie, perché no? Sono qualcosa di rivoluzionario: se aiutano a non sfruttare troppo la terra e non fanno male, sono da valutare.  La biodinamica è bella per questo: aspetta che il terreno recuperi.

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