Da scarti dell’uva e delle mele le sneaker sostenibili #vocidellortofrutta

Giuliana Borzillo, giovane co-founder della start up toscana Id. Eight, racconta come dal nulla sia nato un progetto di economia circolare. “Puntiamo all’estero e cerchiamo nuovi materiali vegetali innovativi”

Giuliana Borzillo con il coniuge Dong Seon Lee
Giuliana Borzillo e Dong Seon Lee

Non solo farmaceutica e nutraceutica. Anche il mondo della moda si affida alla valorizzazione dei sottoprodotti plant-based per rendere la propria produzione più sostenibile. E si aprono nuove sinergie tra le filiere grazie al Green Deal. Giuliana Borzillo, 36 anni, ha fondato nel 2019 con il coniuge, lo stilista sud-coreano Dong Seon Lee, Id. Eight, una start-up che produce sneaker da materiali vegetali di scarto, come raspi e bucce d’uva o bucce di mela. Ogni anno vengono prodotte 24 miliardi di sneaker e la loro produzione pesa per l’1,4% sulle emissioni globali di gas serra. Il mercato delle calzature sostenibili è in forte ascesa: dagli attuali 9,17 miliardi di dollari raggiungerà i 14 miliardi entro il 2031.

Come nasce il progetto, per quale finalità?

Il brand nasce con la volontà di operare nella sostenibilità e circolarità. Il nome criptico è frutto della mente di mio marito: Id sta per identità e Eight significa otto che ruotato è anche simbolo dell’infinito. Quindi il senso è quello di un’identità infinita, circolare.

Come si è concretizzato in così pochi anni?

Io ho sempre lavorato in grandi aziende di calzature come brand manager. L’idea nasce dal fatto che non riuscivo a trovare per me delle scarpe sostenibili e anche esteticamente gradevoli. Mio marito allora ha disegnato un paio ad hoc e in una fiera di settore ha scoperto che esiste un materiale fatto da scarti di mela, prodotto dall’azienda Frumat (il brevetto  è stato poi acquisito da un’azienda toscana, Mabel). Abbiamo creato un prototipo ed  è risultato bellissimo. Abbiamo quindi realizzato un piccolo campionario e ha riscontrato entusiasmo tra i clienti.

Il passo successivo è stato tentare un crowdfunding su kickstarter. Il target era diecimila euro ed è stato raggiunto in meno di 24 ore e in due mesi abbiamo raccolto 35 mila euro. L’idea piaceva. Abbiamo trovato una fabbrica che ci ha prodotto le scarpe, aperto il nostro eCommerce e abbondonato le nostre professioni per dedicarci interamente al progetto. Sono entrati dei soci e oggi i nostri prodotti si trovano sia online sia in negozi multibrand.

Da quali aziende viene acquistata la materia prima vegetale?

Noi non produciamo il materiale innovativo, che compriamo da aziende che lo producono recuperando scarti  da filiere. Da Mabel acquistiamo quello da scarti di mela; da un’azienda di Milano, Coronet, Bioveg, derivato da mais e un altro materiale da miceli; da Vegea compriamo materiale da scarti dell’uva. Oggi abbiamo tre modelli di scarpe che in coreano significano 1, 2 e 3 (Hana, Sanji e Hanamid). In uscita a novembre ci sarà un quarto modello, Uriduri.

Come si caratterizzano?

I modelli di sneaker vegan Id.Eight
I modelli di sneaker Id.Eight

Sono tutte sneaker, unisex e cruelty free certificate vegan da Lav, e di qualità. Non vogliamo utilizzare pelle animale che è un co-prodotto di allevamenti intensivi ed è materiale molto inquinante per i processi di produzione e la concia è spesso fatta nel terzo mondo. Utilizziamo il mix di questi materiali vegetali sulla stessa scarpa, che non è però totalmente organica: ci sono dei collanti e materiali sintetici come stabilizzatori. Il prodotto non è compostabile, però l’analisi di Lca dimostra che è molto più sostenibile della pelle e dei materiali sintetici tradizionali perché viene sostituita una parte poliuretanica con scarti vegetali.

Le sneaker non contengono poi sostanze chimiche tossiche, sono realizzate con energie rinnovabili. Il prezzo è premium, ma siamo azienda che non ha margini eccezionali. Non è un fast fashion che poi è legato allo sfruttamento dell’ambiente e delle persone. È un prezzo equo che risulta dal non sfruttare ambiente, risorse e persone. E garantiamo anche un servizio di riparazione e riciclo.

Dopo i pop up store di Roma e Torino, grazie alla collaborazione con Grandi Stazioni Retail, ci saranno partnership con altri retail?

Stiamo cercando altri partner. A Torino saremo fino a fine settembre. Siamo in negozi multibrand, lavoriamo con catene come Sportler e tante boutique. Poi abbiamo il nostro eCommerce.

Quali progetti per il futuro?

A breve termine arrivare all’estero, lavorando sull’internazionalizzazione del brand, prima in Europa, poi Usa, Uk, Asia. Quindi avere un nuovo aumento di capitale per sostenere la crescita e avviare la collaborazione con altri brand. E stiamo continuando la ricerca di materiali innovativi vegetali a minore impatto ambientale. Stiamo anche lavorando per ottenere la certificazione B Corp entro il 2025.

 

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