Doppio embargo e doppio danno per l’agrumicoltura nazionale. Oltre all’embargo russo “prolungato” nei confronti dell’Ue, e quindi anche dell’Italia, la Russia ha recentemente “messo al bando” anche la Turchia che ha iniziato a riversare in Europa quello che oggi non può più spedire nel paese.
Il mercato. A questo si aggiunga la superproduzione dell’Italia nel 2015, assieme alla crisi generale dei consumi e all’effetto disastroso degli accordi euromediterranei, ad esempio con il Marocco. «La situazione per il comparto resta preoccupante – segnala Gerardo Diana, presidente della Federazione nazionale del settore agrumicolo -, siamo in difficoltà sul versante della commercializzazione: nella stagione di vendita che inizia a novembre 2015 e termina a giugno 2016 stiamo perdendo sui due fronti: sui volumi con l’offerta rimasta in parte invenduta e sulle quotazioni inchiodate sempre su livelli piuttosto insoddisfacenti. Il motivo? Stiamo scontando diverse inefficienze sia del sistema agrumicolo che del sistema Italia».
Il clima. Sulla produzione del 2016 resta inoltre l’incognita legata al fattore climatico negativo. Non solo per i 30 gradi indicati dalla colonnina di mercurio a novembre in Sicilia, regione che ha sofferto anche di scarsa piovosità, ma anche per le alluvioni della Calabria e per le temperature, un po’ ovunque, troppo calde o troppo fredde di questo aprile 2016.
E allora? La sfida del futuro dell’agrumicoltura nazionale, prodotta nelle zone più vocate come la Calabria, la Basilicata, la Sicilia e la Puglia o nelle nicchie per quanto riguarda i limoni in Liguria, Campania e Lombardia, è quella, come aggiunge sempre Diana «di far funzionare veramente le Op e imparare a valorizzarle come chiede l’Ue».
In quanto ai limoni, in particolare, il bilancio dell’annata è positivo: la mancanza di prodotto in Argentina ha dato una sferzata di energia ai prezzi anche nel nostro Paese.
Francesca Baccino