Ortofrutta bio oltre il prezzo, il neuromarketing per la crescita in un mondo che cambia

L’ortofrutta biologica torna a crescere, come evidenziato dai dati presentati da Cso Italy durante il convegno “Ortofrutta Biologica e Neuromarketing”. Esperti ed aziende del settore si sono confrontati su trend e prospettive

L’ortofrutta biologica ritorna sulle tavole degli italiani: è quanto emerge dai dati presentati da Cso Italy, la principale realtà del settore che associa circa il 60% dei produttori del nostro paese, nel corso del convegno “Ortofrutta Biologica e Neuromarketing: comprendere i consumatori nel mondo che cambia”, moderato da Marina Bassi, caporedattrice di Fresh Point Magazine, Gdoweek e Mark Up, tenutosi nell’ambito del progetto Made in Nature, il programma di promozione e informazione sviluppato da CsoItaly e finanziato dall’Unione Europea rivolto ai mercati italiano, francese, tedesco e danese e al quale prendono parte alcune tra le maggiori aziende italiane come Brio, Canova, Ceradini, Conserve Italia, Orogel e Veritas Biofrutta.

Allentatisi i lacciuoli dell’inflazione, infatti, l’acquisto di frutta e verdura bio è ripreso con volumi diversi in circa l’80% dei consumatori italiani e nonostante nel 2023 si sia rilevata una leggera riduzione dell’8% rispetto all’anno precedente, con “sole” 500mila tonnellate acquistate, le prospettive per il 2024 appaiono incoraggianti: i dati relativi alla prima metà dell’anno infatti presentano un incremento dei quantitativi attorno al 5% e una crescita della spesa del 7%. “Il recupero almeno parziale del potere d’acquisto -sottolinea Sarah Bellentani di Cso Italy- ha consentito un nuovo riavvicinamento delle famiglie al consumo di ortofrutta biologica. Sarà interessante osservare se anche nella seconda metà dell’anno il trend, positivo per l’ortofrutta nel suo complesso, riuscirà a essere confermato e con esso anche la componente biologica. Inoltre, il settore del biologico ha ancora un notevole margine di crescita: il 20% delle famiglie italiane che non ha ancora acquistato prodotti biologici rappresenta un potenziale mercato da esplorare”.

Cosa insegna il neuromarketing al settore biologico

Un ruolo sempre più importante per avvicinare i consumatori ancora di più al mondo del biologico verrà rivestito dal Neuromarketing: infatti il nostro cervello, quando siamo chiamati a fare delle scelte in tempi abbastanza rapidi, tende a “ingannarci” e a creare nelle nostre percezioni una sorta di pregiudizio. Il packaging, il suo colore o la sua forma, l’aspetto del prodotto e molti altri fattori possono influire sulla nostra percezione in maniera a volte anche difforme dalla realtà. “Il tempo medio che il consumatore trascorre davanti allo scaffale -spiega Vincenzo Russo, docente di Neuromarketing e psicologia dei consumi all’Università Iulm- va da 4 a 20 secondi. Dopo di che scatta la decisione di acquisto. E Il consumatore non sceglie razionalmente bensì è l’emozione a far da leva principale nelle decisioni di acquisto, decisioni che avvengono in una frazione di millisecondi.​ Se dunque la decisione di acquistare o meno un prodotto si esaurisce in un lasso di tempo così breve, il rischio è che la scelta del prodotto biologico si basi solo sul prezzo o sull’abitudine. Un rischio molto grave che andrebbe a togliere il valore del prodotto biologico”.

Un rischio che naturalmente è necessario sventare a tutti i costi, innescando possibilmente un ciclo virtuoso che interrompa il collegamento fra il concetto del prodotto biologico e il prezzo. “Il tema del prezzo del biologico – fa notare Mauro Laghi, direttore generale di Alegra – è un falso problema perché è piuttosto il prodotto non bio che costa troppo poco. A essere superato è invece il modo in cui il biologico viene presentato e venduto perché non comunica adeguatamente il valore intrinseco del prodotto. Se ci si concentra unicamente sul fattore prezzo non si va da nessuna parte”. Secondo Vincenzo Finelli, direttore generale di Orogel Fresco, è fondamentale la collaborazione tra produttori di ortofrutta biologica e la rete di distribuzione al consumatore, dalla gdo al retail ai discount. Invece Paolo Pari, direttore di Almaverde Bio, sostiene che “al principio il biologico è stato comunicato correttamente, ma in seguito la comunicazione è stata travisata e il consumo di prodotti biologici è stato percepito dal pubblico come un lusso, un capriccio, quando non come una stupidaggine. È difficile spiegare al pubblico i motivi da cui deriva il prezzo più elevato del biologico ma non è l’unico problema: spesso la contrazione dei consumi parte dal fatto che il consumatore non trova ciò che cerca”.

I driver per l’acquisto di ortofrutta biologica

Alla ripresa del consumo di ortofrutta biologica negli ultimi anni hanno concorso indubbiamente anche un’aumentata sensibilità verso diverse tematiche: innanzitutto quella ambientale e legata alla sostenibilità, che grazie alle campagne di sensibilizzazione e all’adozione della cosiddetta Agenda 2030 gode di una buona narrazione e, quando non imposta al consumatore, viene ben recepita da quest’ultimo. Ma anche l’argomento dell’alimentazione salutare, particolarmente emerso durante il periodo della pandemia da Covid, ha influito considerevolmente sull’incremento degli acquisti di frutta e verdura bio. E anche in questi due casi il Neuromarketing ha svolto, sia pure indirettamente, un ruolo importante. “È importante capire -conclude il professor Russo- che memoria ed emozione attivano la stessa area cerebrale, nello specifico l’amigdala, che è responsabile della gestione delle emozioni, in particolare quelle legate a stimoli di piacere o di allarme, e l’ippocampo che è coinvolto nei processi di formazione e recupero dei ricordi a lungo termine. La sovrapposizione tra emozione e memoria ha quindi implicazioni importanti. E le emozioni svolgono un ruolo cruciale nell’influenzare la nostra capacità di ricordare eventi, esperienze e informazioni”.

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