VIP: nuove varietà, crescita della linea senza diserbanti e attenzione all’Asia #vocidellortofrutta

Fabio Zanesco, direttore commerciale dell’Associazione dei produttori di mele della Val Venosta, racconta le strategie sul mercato interno e per l’export, mentre è iniziata la stagione commerciale

Fabio Zanesco, direttore commerciale dell’associazione dei produttori di mele della Val Venosta
Fabio Zanesco, direttore commerciale di VIP

Aspettative di mercato positive, nonostante una diminuzione del volumi del 20% a causa delle cattive condizioni climatiche. E una serie di novità, dal lancio di nuove varietà a innovazioni sul fronte industriale, che verranno presentate a partire da novembre. Fabio Zanesco, direttore commerciale dell’Associazione dei produttori di mele della Val Venosta, guarda al presente, con l’apertura della campagna commerciale. E al futuro, a cominciare dall’attenzione maggiore che si deve avere per i mercati del Sudest asiatico.

Con quali volumi si presenta la campagna commerciale delle mele di VIP e quali varietà arriveranno prima sul mercato?

Partita la stagione commerciale delle mele di VIP
Partita la stagione commerciale di VIP

Possiamo ormai stimare ragionevolmente un meno 20% di volumi. Il dato è molto differenziato: con le nuove varietà (Ambrosia, Kanzi, Envy) avremo un raccolta normale, perché ci sono nuovi impianti che entrano in produzione e la riduzione è quindi ammortizzata dall’aumento strutturale.

Quelle più tradizionali avranno una riduzione media del 15-20%. Niente di tragico, è il clima: fioritura scarsa e purtroppo alcune grandinate nelle ultime settimane. Per ora siamo sul mercato con la Gala e abbiamo iniziato in questi  giorni con Red Delicious; dalla seconda settimana di ottobre arriva la nuova Golden, poi da quel momento partirà tutto il resto.

Durante il lockdown c’è stata una buona risposta sulle mele, che prospettive ci sono per i consumi interni?

Positive. Nel periodo critico della pandemia nella GDO l’aumento di vendite è stato a due cifre, e in seconda battuta anche i grossisti hanno avuto numeri positivi grazie al servizio fondamentale svolto da fruttivendoli e negozi di vicinato. In alcuni momenti non siamo riusciti a rispondere a tutte le richieste, anche perché noi stessi abbiamo dovuto ridurre le capacità produttive per riorganizzarci e garantire la sicurezza del nostro personale.

Ha concorso anche la riduzione della frequenza degli acquisti, il fatto che le mele siano facilmente stoccabili, e che molti consumatori abbiano prediletto i prodotti imballati per la percezione della sicurezza sanitaria. La mela è, poi, un prodotto per tutta la famiglia.

Alle varietà tradizionali si affianca sempre più il lancio delle cosiddette mele Club: che risposte ci sono nella Gdo?

Per la nuova campagna commerciale la produzione è inferiore del 20%
Per la nuova campagna la produzione è inferiore del 20%

Per i progetti principali e ormai consolidati delle cosidette mele Club, che sono 4 o 5 in Europa, la risposta è buona. Questi progetti hanno ormai volumi in produzione per essere costantemente presenti nei punti di vendita, con la conseguente visibilità per i consumatori. Parliamo del leader Pink Lady, poi di Kanzi, Ambrosia, Envy, dove si ragiona in decine di migliaia di tonnellate, vendute con posizionamento premium principalmente nei mercati europei. Ricordiamoci, però, che il consumo delle mele Club in Europa è intorno al 5%. La stessa Pink Lady, che è il caso di successo per eccellenza, produce circa 200 mila tonnellate su oltre 12 milioni di media in Europa, dopo 25 anni di presenza a scaffale.

Da trent’anni si è cominciato a fare innovazione nella pratica del punto di vendita, ma crescere e poi consolidarsi richiede molto tempo. È positivo e rende ottimisti che le nuove varietà siano nella media molto più gustose delle vecchie tradizionali, perché nascono da decenni di studi e test e da una spietata selezione prima di arrivare agli impianti commerciali.

Sono anche più resistenti ai patogeni?

Negli ultimi dieci anni si tende sempre a prediligere varietà più resistenti alla ticchiolatura o a più patologie. Le mele Club oggi sul mercato sono state sviluppate venti, trent’anni fa: le varietà resistenti sono quelle che arriveranno stabilmente sul mercato nei prossimi anni, garantendo un trend più orientato alla produzione sostenibile.

Ci sono novità in arrivo?

Come VIP ne lanceremo diverse: a novembre racconteremo in dettaglio il rinnovo di un’importante sala di lavorazione in Val Venosta,  e altre novità sul nostro nuovo magazzino completamente dedicato al biologico. A gennaio 2021 presenteremo poi con altri partner alcune nuove mele Club per completare il nostro portafoglio varietale, soprattutto per la seconda parte della stagione (primavera-estate).

Che cos’è la nuova linea di mele coltivate senza diserbanti?

VIP investe nella tecnologia produttiva
VIP investe nella tecnologia

È un progetto attivo dal 2018 e da quel momento è già cresciuto del 15% in superficie. I nostri soci utilizzano una tecnica meccanica, la frantumazione, per combattere le erbe infestanti, evitando di usare tutti i diserbanti chimici (non solo quindi il glifosato). Lo applichiamo su tutte le varietà e sta procedendo per zone: siamo a circa un terzo delle nostre superfici, tra bio e integrato senza diserbanti chimico, e il progetto cresce ogni anno.

Abbiamo lanciato la linea Val Venosta Senza Diserbanti dallo scorso anno, con un vassoio 100% cartone, ora stiamo lavorando a ulteriori imballaggi e pensando all’export. Il prodotto ha maggiori costi di lavorazione in campo e in magazzino ovviamente, ma volevamo fare qualcosa di pratico e immediato per migliorare l’impatto delle coltivazioni sull’ambiente della nostra Valle. E siamo convinti che questo debba essere uno dei nostri obiettivi strategici.

State pensando al lancio di una mela residuo zero?

Ci interessa studiare miglioramenti in tutte le direzioni, ma oggi non vediamo ancora la possibilità tecnica di produrre in volumi significativi una mela a residuo zero.

Il bio quanto cresce?

È arrivato al 20% della superficie complessiva di Val Venosta, circa un 16% dei volumi: è naturale ora un momento di analisi e stabilizzazione del mercato. La crescita spumeggiante dei volumi del bio in Italia ed Europa può creare squilibri di mercato se non è accompagnata da una parallela crescita della domanda. Dico, quindi: cresciamo ma pensiamoci tutti, come settore, e procediamo per step.

Come vi state muovendo sul pack sostenibile?

Abbiamo ormai diverse macchine per imballare le mele in vassoi 100% in cartone e stiamo migliorando il materiale plastico, ed esempio con le borse per l’85% da canna da zucchero. Stiamo studiando tutto quello che si può fare meglio, ma va detto che oggi non c’è una soluzione univoca e rapidamente applicabile per sostituire la plastica. Durante la pandemia c’è stato forte aumento del confezionato: il consumatore cerca la sostenibilità, ma prima arriva la sicurezza: dovremo anche qui fare una riflessione ad ampio raggio con i nostri clienti e l’industria.

Che previsioni avete per l’export? L’accordo con la Cina sul protocollo fitosanitario farebbe la differenza?

Noi esportiamo tra il 40 e 50% della nostra produzione: quest’anno, avendo una produzione ridotta, vogliamo concentrarci maggiormente sul mercato nazionale, e saremo quindi intorno al 30-35%. Dovremo vedere cosa succede nei diversi Paesi di esportazione: il Covid-19 può cambiare velocemente le carte in tavola ed è difficile fare previsioni. Bene che il protocollo con la Cina venga negoziato, ma prima di fare voli pindarici, penserei a lavorare sui mercati asiatici dove già ci sono i protocolli. E dove il prodotto italiano è ancora in secondo piano rispetto alla concorrenza: Hong Kong, Singapore, Malesia. Ne abbiamo poi alcuni aperti di recente ovvero Thailandia, Vietnam e Taiwan, che sono molto interessanti, ma ci vogliono volumi disponibili e le varietà giuste: verso l’Asia si esporta solo il meglio della propria produzione.

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