Con i raggi UV-B nascono la superfrutta e la superverdura

Sguardo al futuro della superfrutta e verdura. La nutraceutica è sempre più al centro dell’interesse dell’industria agro-alimentare. In considerazione del potenziale beneficio che alcune sostanze vegetali svolgono nei confronti della salute umana. Tra le varietà ortofrutticole, per esempio, si punta a selezionare quelle con maggiore contenuto di polifenoli, spesso caratterizzati da una pigmentazione più scura. Un trend che sarà sempre più determinante in futuro. Alla luce delle maggiori conoscenze sul microbiota e sulla nutrigenetica e nutrigenomica che porteranno sempre più verso la dieta personalizzata.

La ricerca lavora nella stessa direzione, cercando soluzioni in grado di sviluppare alimenti sempre più ricchi di antiossidanti. All’Università di Pisa sono nati la superfrutta e i supervegetali. Niente soluzioni borderline o che implichino dubbi di natura Ogm, come l’attuale tecnica CRISPR/Cas9, basata sul genome editing. Ma un meccanismo eco-friendly. È bastato un trattamento con raggi ultravioletti B sulla frutta e verdura in post-raccolta per determinare un notevole aumento nella produzione di polifenoli.

Indagine lunga anni

Risultato di anni di studio, con l’Università di Pisa ha collaborato anche un pool di altri istituti, l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, l’University of Natural Resources and Life Sciences di Vienna, e il Leibniz Institute of Vegetable and Ornamental Crops tedesco. “L’idea era capire se queste sostanze benefiche e salutari potessero essere incrementate all’interno del prodotto anche durante la sua conservazione, dopo la raccolta”  spiega la responsabile della ricerca, la professoressa Annamaria Ranieri, docente di Composti bioattivi e nutraceutica  al corso di Laurea Magistrale in Biosicurezza e Qualità degli Alimentipresso il dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’Università di Pisa.

“Abbiamo usato lampade che emettono lunghezze d’onda in ultravioletto B, che influenzano il metabolismo secondario delle piante, quello che ha come funzione la difesa da stress biotici e abiotici. Abbiamo dovuto fare molti tentativi per trovare la dose appropriata di questi raggi, che non dovevano influire negativamente, ma al contrario incrementare le sostanze prodotte dal metabolismo secondario che risultano essere benefiche alla salute umana. Abbiamo testato diversi prodotti: pesche, pomodori, mele, insalata verde e rossa.

Abbiamo verificato che nelle pesche trattate e poi mantenute a temperatura ambiente, soprattutto dopo 36 ore, si realizzava un incremento notevole di antociani, flavoni, diidroflavonoli che, per alcuni specifici metaboliti, risultava circa sei volte. L’aumento di queste sostanze benefiche si è verificato soprattutto nella buccia del frutto. Stiamo valutando se questo trattamento possa indurre delle modificazioni anche all’interno del frutto”.

Prime considerazioni

Questi risultati permettono diverse considerazioni. Ci sono alimenti che non contengono sostanze nutraceutiche a sufficienza. Aumentarle durante la conservazione rappresenterebbe  un valore aggiunto. Per le aziende, che devono conservare i prodotti prima della loro distribuzione, la possibilità di utilizzare questa tecnologia apporterebbe enormi vantaggi. Un semplice impiego di lampade emittenti in UV-B nelle vending machine, adeguatamente schermate per salvaguardare operatori e consumatori, potrebbe valorizzare anche le monoporzioni di frutta e verdura.

La maggiore concentrazione di sostanze salutari si trova nella buccia, che con questa metodica eco-friendly potrebbe aumentare, determinando così nel frutto una maggiore resistenza nei confronti di attacchi di patogeni. Questo approccio va nella direzione di pratiche agricole di tipo biologico, un trend sempre più forte, premiato dal mercato.  Ma i benefici non si fermano qui.

Conservazione

“Abbiamo testato se questo trattamento incidesse anche su un prolungamento della conservazione dei frutti. E abbiamo verificato che l’attività di quegli enzimi che sono responsabili del processo di rammollimento del prodotto diminuisce, inducendo una prolungata shelf-life. Ora stiamo implementando questo esperimento, usando non più lampade  “narrowband,” che emettono in un range di lunghezze d’onda all’interno della radiazione UV-B, ma LED, fornitici da una ditta, con i quali  avremo la possibilità di individuare la precisa lunghezza d’onda capace di indurre i risultati ottenuti. Questo ci permetterà anche di diminuire il tempo di irraggiamento”.

Ancora da studiare è l’effetto sul profilo gustativo, anche se ci sono indicazioni positive. “I benefici potrebbero ampliarsi anche alla composizione aromatica. Molti aromi derivano dalla degradazione di molecole originali di tipo terpenoidico come i carotenoidi. Nell’ultimo lavoro pubblicato,  abbiamo trovato che alcuni carotenoidi vengono degradati a metaboliti che sono fondamentali per contribuire all’aroma del prodotto. Dunque il nuovo goal sarà quello di esaminare il profilo aromatico di prodotti sottoposti a questo tipo di trattamento che non hanno mostrato variazioni  invece in alcuni parametri come i gradi Brix (valore zuccherino eccetera)”.

Interesse produttivo

Alcune aziende hanno già manifestato interesse a finanziare la ricerca. La tecnica al momento non è normata, dunque non ci sono obblighi in etichetta. Ma non ci sono timori di stop. “È assolutamente naturale, è eco-compatibile – precisa – non ha alcun effetto collaterale. Le uniche precauzioni sono a carico dei lavoratori che devono essere protetti schermando le sorgenti dei raggi UV-B. In Olanda si usano lampade UV-C, molto più energetiche e pericolose, applicate ai trattori in campo, che hanno principalmente il compito di decontaminare il suolo e la vegetazione, dalla presenza di eventuali parassiti”.

Le radiazioni UV-B hanno molteplici funzioni: hanno anche un’azione  brachizzante cioè inducono una riduzione della taglia delle piantine  rendendole tutte  omogenee, importante obiettivo per coloro che lavorano nel settore vivaistico. “Abbiamo fatto una sperimentazione all’interno di un vivaio pisano e abbiamo ottenuto piantine tutte molto simili fra loro nella taglia.  Dunque le radiazioni UV-B potrebbero essere impiegate allo scopo, evitando altre soluzioni più invasive. Al momento stiamo anche studiando i possibili effetti sinergici delle due radiazioni, UV-B e UV-A, nell’indurre modificazioni del metabolismo secondario delle piante”.

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