Tesco al centro di una bufera mediatica a causa dei suoi agrumi “non vegani”. Il retailer britannico ha spiegato che le proprie arance sono etichettate come non adatte ai vegani a causa di una particolare resina che ricopre la buccia. Questa sostanza, secreta dalla cimice femmina sugli alberi delle foreste dell’India e della Thailandia, verrebbe utilizzata per mantenere la freschezza del prodotto, spesso trasportato per lunghe distanze. Oltre alle arance, la tecnica viene adoperata anche per altri agrumi, come limoni e lime.
La cera animale contro gli sprechi
Secondo quanto emerso, il trattamento a base di cera animale sarebbe comune per gli agrumi perché permette il mantenimento del prodotto anche se sottoposto a lunghi spostamenti, come spesso capita per le importazioni di questo genere. Un portavoce di Tesco, infatti, ha dichiarato che si tratta di una pratica standard che preserva la conservazione del prodotto, puntando sul tema del risparmio alimentare; inoltre, ha sottolineato che il retailer offre anche referenze biologiche.
Tuttavia, il crescente aumento di popolarità della dieta vegana ha puntato i riflettori su Tesco e sui suoi agrumi “non vegani”. La clientela, infatti, si è detta delusa dall’abbassamento degli standard del distributore. In particolare, nonostante il retailer si sia detto all’opera per trovare una soluzione che soddisfi il consumatore anche in questo senso, i clienti hanno lamentato il ritardo d’azione. Tesco sta lavorando con i propri agricoltori per sviluppare una cera alternativa che eviti l’impiego di fonti animali, adatta ai vegani.
Al bando l’adv Tesco sui prodotti vegani
Non è la prima volta che Tesco si ritrova al centro di una polemica sui propri prodotti vegani. Pochi mesi fa, infatti, l’Advertising Standard Authority ha bandito una pubblicità di Tesco che promuoveva la gamma di prodotti vegani Plant Chef. Secondo l’organo di sorveglianza non ci sarebbero state prove sufficienti per confermare che effettivamente i prodotti promossi come vegani dal retailer britannico fossero tali. In risposta, il distributore si è difeso sostenendo che le informazioni veicolate dallo spot non erano assolute, poiché non affermavano che i prodotti fossero del tutto sostenibili o attenti al pianeta.