La biofortificazione degli alimenti è una delle soluzioni naturali più innovative per rispondere a deficit nutritivi. Un esempio sul mercato è la patata Iodì, un marchio Pizzoli distribuito nelle principali insegne della gdo nazionale. Un prodotto brevettato che risponde ai disturbi da carenza di iodio. E si pone come efficace supporto, alternativo al sale iodato.
Un progetto innovativo sviluppato con lʼUniversità di Bologna
Pizzoli è un’azienda familiare che occupa una posizione di rilievo nel mercato delle patate fresche e surgelate, con un fatturato di 86 milioni di euro nel 2018. Fondata nel 1926, possiede due stabilimenti industriali e una piattaforma logistica a elevata automazione nell’area di Bologna. Nell’estate 2007 ha lanciato Iodì, un progetto sviluppato grazie alla collaborazione tra la divisione Ricerca e Sviluppo di Pizzoli e il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-alimentari dellʼUniversità di Bologna.
Una porzione di 200 g di patate Iodì apporta il 30% della dose giornaliera raccomandata di iodio
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Pizzoli utilizza diverse varietà di patate commercializzate come patate Iodì. Ta queste Cupido, Orchestra, Universa e Soprano. Sono patate tonde a pasta gialla. La coltivazione, esclusivamente a pieno campo, è attuata in diverse regioni d’Italia: Sicilia, Puglia e Campania, per il prodotto precoce o novello; Emilia-Romagna per il raccolto principale.
Dopo la raccolta, la concentrazione di iodio all’interno di 100 g di patate Iodì è almeno di 22,5 µg, mentre il contenuto di iodio in patate non-fortificate è inferiore a 2 µg su 100 g. Una porzione di 200 g di patate Iodì apporta il 30% della dose giornaliera raccomandata di iodio. Un prodotto funzionale senza che il gusto sia modificato.
Un nutriente scarsamente presente negli alimenti: l’Italia ha scelto di aggiungerlo al sale ma altri Paesi agiscono diversamente
Lo iodio è indispensabile per il funzionamento della tiroide ma è scarsamente diffuso negli alimenti (sono almeno 6 milioni gli italiani che soffrono di malattie legate a questa ghiandola). La dose raccomandata è per gli adulti di 150 microgrammi. Diversi Paesi hanno adottato varie soluzioni, dalla iodazione delle acque potabili (Austria e Svizzera), alla somministrazione nel bestiame (Finlandia), fino all’aggiunta di iodio sul pane (Olanda), nel cioccolato o nell’olio (Cina e India). L’Italia dal 1977 ha deciso di arricchire il comune sale da cucina, il cui consumo, però, secondo le raccomandazioni dell’Oms, andrebbe dimezzato.