Il prodotto bio, certificato, è sempre più compreso dal consumatore che ne apprezza la chiarezza, ma il proliferare di claim ambientali sta generando confusione, come nel caso del pur sempre più diffuso residuo zero. È quanto emerge da uno studio di Nomisma-AssoBio presentato durante un convegno (Oltre il biologico. Innovazione, fiducia e sostenibilità per un nuovo rapporto con il consumatore) in occasione di Marca 2025. Un evento realizzato nell’ambito della campagna Being Organic in Eu, promossa da FederBio, in collaborazione con Naturland e cofinanziata dall’Unione europea.
Poco chiaro il significato di residuo zero
Gli errori evidenziati dall’indagine Nomisma, su un campione rappresentativo della popolazione italiana, sono clamorosi: il 50% ritiene di non avere informazioni chiare sul residuo zero; 2 consumatori su 3 ritengono che questo metodo di produzione non implichi l’utilizzo di chimica di sintesi. Una quota del 23% considera le referenze senza residui del tutto simili ai prodotti biologici e un ulteriore 23% ritiene addirittura superiori le garanzie offerte dal claim rispetto al sistema produttivo bio certificato.
Il bio cresce, ma si può fare di più
La storicità e l’uniformità europea della certificazione biologica, caratterizzata da un regolamento e da un logo, giocano a suo favore. Nel corso del 2024, rivela Nomisma, almeno un prodotto alimentare di questa tipologia è stato acquistato dal 93% della popolazione italiana con età compresa tra i 18 e i 65 anni (pari a 24 milioni di famiglie). Un grande balzo in avanti se si considera come soltanto 12 anni fa (2012) la percentuale di popolazione propensa all’acquisto di almeno un prodotto bio era del 50%.
In media i consumatori attribuiscono ai prodotti biologici un valore più elevato rispetto a quelli etichettati come residuo zero: l’82% dei consumatori pensa a un prodotto sostenibile dal punto di vista ambientale (contro il 77% riferito a referenze senza residui); il 71% a processi produttivi che escludono l’uso di chimica di sintesi per combattere le principali avversità delle piante (contro un 66%). Le maggiori garanzie riconosciute al sistema bio si traducono in maggior valore aggiunto in termini di sicurezza per la salute, trasparenza nei processi di controllo lungo la filiera (19%) e migliori proprietà nutrizionali degli alimenti (14%). Tra le informazioni che più di altre esaltano e caratterizzano il modello bio l’impegno per la tutela e la salvaguardia del suolo (indicati dal 79% dei consumatori), la qualità e la tracciabilità dei prodotti, garantite dalla presenza di una certificazione europea (76%) e l’assenza di prodotti di sintesi (73%).
Investire nella comunicazione
Sull’eccessiva proliferazione di claim ambientali si è mossa anche l’Ue, con la direttiva che mira a contrastare il greenwashing; non pare poi che all’orizzonte ci sia l’intento di uniformare il residuo zero, dove ogni Paese va in ordine sparso (Francia e Italia sono tra i più avanti su questo metodo). Ma è evidente, che per rilanciare i consumi, si deve lavorare anche sulla comunicazione, dove ci sono falle gigantesche, come è emerso, per esempio, da uno studio secondo il quale 9 giovani su 10, ritengono che i prodotti di quarta gamma contengano conservanti.
“In un contesto che vede un incremento esponenziale di green claim tra le referenze a scaffale, il biologico dimostra forte resilienza. Tuttavia si evidenzia una scarsa consapevolezza rispetto agli elementi distintivi e alle caratteristiche di alcuni dei principali claim a scaffale che rischiano in alcuni casi di ridimensionare il ruolo del biologico nel percepito del consumatore” ha dichiarato Silvia Zucconi, chief operating officer Nomisma.
“Oggi è più che mai fondamentale fare chiarezza sui green claim e sulla differenza tra prodotti biologici e a residuo zero -ha dichiarato Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio-. È necessario investire in comunicazione e informazione per sensibilizzare e trasferire i valori del biologico. Un valido supporto è senz’altro costituito dal progetto Being Organic in Eu, frutto della collaborazione tra FederBio e Naturland. La significativa crescita delle famiglie che hanno acquistato almeno un prodotto biologico nell’anno, passate da 13 milioni nel 2012 a 24 milioni nel 2024, testimonia la grande attenzione dei cittadini”.
L’inflazione ha poi rallentato la crescita del bio e occorre mettere in atto nuovi strumenti. “Nonostante i dati delle vendite siano positivi, siamo ancora molto lontani dalla dimensione che questo mercato ha assunto nei Paesi del Nord Europa. Industria e distribuzione hanno oggi convenuto che bisogna agire insieme per raggiungere questo obiettivo” ha dichiarato Nicoletta Maffini, Presidente di Assobio.