Riuscirà l’Italia a cavalcare la riscoperta delle brassicacee che è, indiscutibilmente, in atto a livello mondiale? Dal trend di usare il cavolfiore come sostituto gluten free dei cereali in tante ricette (ad esempio pizza, sushi e tagliatelle) alla recente passione per il romanesco e per quello viola (tanto instagrammabile), la famiglia dei cavoli sta vivendo un momento d’oro. Un’autentica moda, paragonabile a quello del bacon negli anni ’90, come ha scritto il New York Times in un lungo articolo che, pochi mesi, ha consacrato l’ascesa sociale di cavoli & C nella ristorazione che conta della Grande Mela. L’Italia ha le carte giuste per vincere la partita globale. Il nostro paese è uno tra i primi cinque produttori mondiali (anche come prodotto bio) e anche uno dei maggiori esportatori. Secondo le elaborazioni di Ismea, nel 2023 la produzione disponibile di cavoli, cavolfiori, broccoli friarielli e cime di rapa ha raggiunto i 752 milioni di kg ottenuti da 36.100 ettari, per il 32% concentrati in Puglia, per il 18% in Campania e per il 12% in Abruzzo. Un terzo dei terreni sono coltivati secondo l’agricoltura biologica, tanto che le brassiche rappresentano il 21% della superficie agricola utilizzata degli ortaggi bio. Considerando solo la fase agricola la produzione di brassiche genera un valore di 805 milioni di euro. Anche il dato relativo all’export è molto significativo: il 20% dei volumi prodotti in Italia (ossia 157 milioni di kg) vengono venduti all’estero, generando 253 milioni di euro di giro d’affari e facendone il quinto prodotto ortofrutticolo per valore dell’export, dietro mele, uva, kiwi e insalate. Riassumendo: le brassiche incidono per circa il 6% sull’intera produzione orticola nazionale e l’8% sul valore complessivo sviluppato dalla produzione di ortaggi. Sono il secondo ortaggio più esportato (13% di quota in valore) e rappresentano il 6% dei volumi della spesa domestica al dettaglio. Numeri importanti, quindi, per prodotti che, però, non sembrano vedere riconosciute la loro realtà e le loro potenzialità, e che anche dai consumatori non sembrano ancora essere percepiti come un’eccellenza della produzione agricola italiana né come un’autentica espressione di biodiversità e tradizioni locali. Sì, perché se si vanno ad analizzare i numeri relativi alle singole tipologie di brassiche, com’ha fatto Ismea, allora si aprono spaccati molto differenti. Taranto e Teramo coprono un quinto della produzione nazionale di cavolfiore e cavolo broccolo, mentre Bari e Caserta, tallonate da Napoli e Foggia, si contendono la leadership nelle cime di rapa, per il 38% concentrate nell’area della regione Puglia. Non mancano produzioni regionali minori per quantità ma non per notorietà e apprezzamento, come il cavolo nero toscano. E da pochi mesi c’è anche il primo riconoscimento Igp italiano nelle brassiche: quello del Cavolfiore della Piana del Sele, coltivato su 1200 gli ettari per una produzione di 25 milioni di corimbi. “Questo riconoscimento segna anche l’inizio di una nuova fase e oggi il nostro prodotto è pronto a conquistare nuovi mercati, anche internazionali, affermandosi come un ambasciatore dell’eccellenza agricola italiana” spiega Antonio Vocca, responsabile generale della OP Solco Maggiore. Gli italiani acquistano perlopiù cavolfiori e broccoli (52% a volume) e cime di rapa (27%) ma apprezzano anche i prodotti di tradizione locale, come i friarielli napoletani, oppure quelli tipici delle cucine etniche, come il kale. Anche i consumatori esteri comprano soprattutto cavoli broccoli e cavolfiori (19% di export), ma amano anche cavoli rapa e cavoli ricci, tanto che il 40% della loro produzione viene venduta all’estero. Meno significativi, invece, i quantitativi esportati di broccoletti e cavoli bianchi o rossi (7% ciascuno) e di cavolini di Bruxelles (6%). Il primo mercato di sbocco è la Germania, che concentra il 47% del valore generato dall’esportazione, seguita dalla Svizzera con l’11% e dall’Austria con il 10%. L’export, che si concentra tra novembre e aprile, ha un trend favorevole. Tra 2010 e 2023 le vendite sui mercati esteri sono aumentate del 12% a volume e sono raddoppiate a valore, con un’accelerazione del +33% negli ultimi quattro anni. Quest’escalation, unita alla limitatezza dei flussi di import (39,7 milioni di kg per un valore di 46,3 milioni di euro, per oltre la metà appannaggio di Olanda e Spagna) fa sì che la bilancia commerciale italiana delle brassiche abbia un saldo ampiamente positivo. Alla crescita del mercato interno ha contribuito il fuoricasa (che assorbe 125mila tonnellate, ossia un quinto dei consumi nazionali) dove friarelli e cavolo nero sono diventati superstar in ristoranti e pizzerie, mentre a livello di spesa domestica il paniere degli acquisti sembra più vario, anche grazie all’ampiezza dell’offerta. L’innovazione, sia in campo agricolo che industriale, si sta facendo strada e si esprime con il lancio di nuove proposte sia nel fresco (quarta e quinta gamma) sia nel surgelato, di versioni più convenience ed elaborate (come pesti e minestre) ma anche di prodotti rivolti al crescente mondo delle diete plant based. “Il percorso di valorizzazione delle brassiche è solo agli inizi tanto che possiamo considerare di essere nell’anno zero– sottolinea Mario Schiano Lo Moriello, analista di Ismea – Gli spazi di manovra sono ampi e le declinazioni numerose. Si può spingere sull’origine e la tipicità territoriale, sviluppando le produzioni Igp, com’è già avvenuto con il Cavolfiore della piana del Sele e come si sta cercando di fare per i broccoli friarielli napoletani. In un mercato dominato dal prodotto sfuso, un elemento significativo è anche lo sviluppo dell’offerta di prodotto confezionato così come l’ampliamento della gamma delle lavorazioni, dai prodotti crudi mondati a quelli già cotti, può soddisfare la domanda di prodotti convenience e che semplifichino la preparazione in cucina”. C’è tanto da fare, insomma, per chi voglia puntare sulle brassiche e crede nelle potenzialità di questi ortaggi, ormai entrati nell’olimpo dei superfood grazie alle loro indiscutibili proprietà nutrizionali e salutistiche. Anche le loro virtù sul fronte ambientale sono un potente argomento a favore della riscoperta delle brassiche, visto che migliorano la fertilità del suolo e fanno da “fitorimediatori”, rimuovendo metalli pesanti dai terreni contaminati, oltre a essere tra gli ortaggi che resistono meglio agli stress ambientali.
Rediscovering and valorizing cauliflower
Italy is among the top five global producers, with favorable trend in both exports and out-of-home consumption
Will Italy be able to ride the rediscovery of brassicas that is, indisputably, underway worldwide? From the trend of using cauliflower as a gluten-free substitute for cereals in many recipes (for example pizza, sushi, and tagliatelle) to the recent passion for Romanesco and purple cauliflower (so instagrammable), the cabbage family is experiencing a golden moment. A real fashion, comparable to that of bacon in the 90s, as the New York Times wrote in a long article that, a few months ago, consecrated the social rise of cabbage & Co. in the top restaurants of the Big Apple.
Italy has the right cards to win the global game. Our Country is one of the top five producers in the world (also as an organic product), and one of the largest exporters, too. According to Ismea data processing, in 2023 the available production of cabbage, cauliflower, broccoli friarielli, and turnip tops reached 752 million kg obtained from 36,100 hectares, 32% concentrated in Puglia, 18% in Campania, and 12% in Abruzzo. A third of the land is cultivated according to organic farming, so much so that brassicas represent 21% of the agricultural surface used for organic vegetables. Considering only the agricultural phase, the production of brassicas generates a value of 805 million Euros. The export data is also very significant: 20% of the volumes produced in Italy (i.e. 157 million kg) are sold abroad, generating 253 million Euros in turnover and making it the fifth fruit and vegetable product in terms of export value, behind apples, grapes, kiwifruits, and salads.
In summary: brassicas account for approximately 6% of the entire national horticultural production and 8% of the overall value developed by vegetable production. They are the second most exported vegetable (13% share in value) and represent 6% of the volumes of domestic retail spending.
Therefore, we are talking about Important numbers, for products that, however, do not seem to see their reality and potential recognized, and that do not yet seem to be perceived as an excellence of Italian agricultural production even by consumers, nor as an authentic expression of biodiversity and local traditions.
Yes, because if we analyze the numbers for the individual types of brassicas, as Ismea did, then very different insights open up. Taranto and Teramo cover a fifth of national production of cauliflower and broccoli, while Bari and Caserta, closely followed by Naples and Foggia, compete for leadership concerning turnip tops, 38% of which are concentrated in Puglia region. There is no shortage of smaller regional productions in terms of quantity, but which are not ‘little’ in terms of notoriety and appreciation, such as Tuscan black cabbage. And a few months ago, the first Italian PGI recognition was awarded to brassicas: that of Cauliflower from Piana del Sele, grown on 1,200 hectares for a production of 25 million corymbs. Antonio Vocca, general manager of Solco Maggiore PO, explained: ‘This recognition also marks the beginning of a new phase and today our product is ready to conquer new markets, including international ones, establishing itself as an ambassador of Italian agricultural excellence’.
Italians mostly buy cauliflowers and broccoli (52% in volume) and turnip tops (27%), but they also appreciate traditional local products, such as Neapolitan friarielli, or those typical of ethnic cuisines, such as kale. Foreign consumers, too, buy mainly broccoli and cauliflowers (19% of exports), but they also love kohlrabi and kale, so much so that 40% of their production is sold abroad. On the other hand, the exported quantities of broccoli and white or red cabbage (7% each) and Brussels sprouts (6%) are less significant. The first outlet market is Germany, which concentrates 47% of the value generated by exports, followed by Switzerland with 11%, and Austria with 10%. Exports, which are concentrated between November and April, have a favorable trend. Between 2010 and 2023, sales on foreign markets increased by 12% in volume and doubled in value, with an acceleration by +33% in the last four years. This escalation, combined with the limited import flows (39.7 million kg for a value of 46.3 million Euros, more than half of which concerns the Netherlands and Spain) means that the Italian trade balance of brassicas is largely positive. The growth of the domestic market was supported by the out-of-home sector (which absorbs 125 thousand tons, or a fifth of national consumption), where friarelli and black cabbage have become superstars in restaurants and pizzerias, while at the level of household spending, the shopping basket seems more varied, also thanks to the breadth of the offer. Innovation, both in the agricultural and industrial fields, is making its way and is expressed by the launch of new proposals for both fresh products (fourth and fifth range) and frozen ones, concerning above all convenience products and elaborate versions (such as pestos and soups), but also of products aimed at the growing world of plant-based diets. Mario Schiano Lo Moriello, analyst at Ismea, underlined: ‘The path of valorization of brassicas is only just beginning, so much so that we can consider ourselves at year zero. There is ample room for maneuver and numerous opportunities. We can focus on the origin and territorial typicality, developing PGI productions, as it has already happened with Cauliflower of Sele plain and as we are trying to do for the Neapolitan broccoli friarielli. In a market dominated by loose products, a significant element is also the development of the offer of packaged products, as well as the expansion of the range of processing, from raw cleaned products to those already cooked, which can satisfy the demand for convenience products and that simplify preparation in the kitchen’.
There is a lot to do, in short, for those who want to focus on brassicas and believe in the potential of these vegetables, now entered into the Olympus of superfoods thanks to their indisputable nutritional and health properties. Their virtues on the environmental front are also a powerful argument in favor of the rediscovery of brassicas, given that they improve soil fertility and act as ‘phytoremediators’, removing heavy metals from contaminated soil, as well as being among the vegetables that best resist environmental stress.