Il consumo di arance nell’Ue relativo alla stagione 2013/14 è sceso a 5,2 milioni di t (nella precedente campagna il consumo di prodotto fresco aveva raggiunto quasi 5,4 milioni di t). La scorsa stagione, caratterizzata in tutta Europa da un clima con temperature più elevate durante il periodo invernale, non ha certamente favorito il consumo di arance.
Il consumo di arance, e degli agrumi in generale, ha una forte connotazione geografica, collegata in gran parte alla vocazione produttiva. Spagna e Italia, non solo sono i paesi leader in termini produttivi (insieme coprono l’80% della produzione di arance dell’Unione europea), ma guidano anche la classifica dei consumi pro-capite.
I consumi pro-capite di arance degli spagnoli raggiungono oggi 20 kg/anno spinti dall’abitudine culturale e dalla disponibilità durante tutto l’anno.
In Italia i consumi di arance si fermano invece a 15-16 kg/anno; non si raggiunge la quota pro capite degli spagnoli nemmeno se si considera l’intera categoria degli agrumi, tanto è vero che i consumi nel 2013 hanno di poco superato i 18,5 kg/anno.
A ben vedere queste proporzioni tra Italia e Spagna non si limitano alle arance, ma riflettono una tendenza più generale: mentre nel nostro paese i consumi in un anno di frutta e verdura si fermano a 130 kg, nella penisola iberica si sfiorano i 180 kg.
Ciò che contraddistingue il consumo di arance in Italia è inoltre il forte declino, sia di lungo che di breve periodo. I consumi in quantità delle famiglie italiane segnano per le arance una frenata del 23% nel periodo 2000-2013, con una contrazione che è continuata anche nel 2013 (-3% in quantità rispetto al 2012).
A soffrire sono comunque tutte le tipologie di agrumi, mandarini in primis: -52% nel lungo periodo e -9% anche nell’ultimo anno. Le clementine, pur arretrando nel 2013 (-3%), sono l’unica tipologia di agrumi in crescita se si paragonano i consumi che si registravano nel 2000.
Il calo dei consumi di frutta dura ormai da oltre 10 anni, ma l’Italia rimane un mercato di grande interesse. Lo dimostra la consistente attività di esportazione di molti paesi produttori del Mediterraneo e non solo. Nonostante la forte vocazione produttiva del nostro paese, l’Italia ha una bilancia commerciale che rimane sempre in rosso, fatta eccezione per i volume del 2008. Gli agrumi arrivano in gran parte proprio dalla Spagna (55% delle importazioni italiane a valore nel 2013, + 5% rispetto al 2012) che sfrutta, tra le altre cose, il vantaggio competitivo offerto dal clima, che permette di avere una produzione che copre di fatto 12 mesi all’anno (è possibile, infatti, mangiare delle arance fresche dagli alberi dei giardini di Murcia persino a luglio).
Ma una quota importante (31% a valore) delle arance che arriva in Italia parte da paesi extra-europei: Argentina e Sud Africa sono i principali paesi da cui l’Italia importa agrumi. Questi due paesi, nel 2013, hanno coperto rispettivamente il 13% e l’11% del valore dell’import italiano di agrumi, con trend di crescita a doppia cifra rispetto al 2012. Ma a crescere sono soprattutto le importazioni di agrumi dall’Egitto: la quota sul totale a valore è ancora modesta (1%) ma, grazie ai recenti accordi commerciali, i flussi in entrata nel nostro paese si sono impennati (+110%). Geografia dell’import che potrebbe ulteriormente modificarsi a causa delle verifiche più severe dei carichi di agrumi provenienti dal Sud Africa per prevenire la diffusione della citrus black spot.