Cominciata con un ritardo delle semine, dovuto alle continue piogge che si sono abbattute sulla Penisola la primavera scorsa, la campagna pataticola 2013/2014 si caratterizza per un calo delle produzioni, in parte dovuto al clima sfavorevole e, in parte, alla riduzione delle superfici coltivate. La produzione nazionale è passata dai 16 milioni di quintali del 2012 a circa 11 milioni nel 2013 (fonte Istat). In alcune regioni, come l’Abruzzo, le condizioni climatiche avverse sono proseguite anche dopo la semina, determinando problemi anche durante la fase di coltivazione, come gli attacchi di peronospora. Sul fronte commerciale, la campagna ha avuto un inizio molto positivo, per poi arenarsi nello scorso autunno a causa del calo dei consumi, che ha coinvolto un po’ tutto il comparto ortofrutticolo e alimentare.
«Le giacenze italiane però sono basse – commenta Andrea Galli, presidente di Assopa (Associazione produttori patate) – e non ci saranno problemi di prodotto invenduto, anzi il paese ricorrerà all’importazione per soddisfare la domanda interna». In generale l’Italia importa circa il 25% del proprio fabbisogno di questo tubero. Nel Bolognese, dove si concentra la maggior parte delle zone di coltivazione emiliane, dopo le piogge di aprile, il clima favorevole ha consentito di recuperare in parte i ritardi nella semina e di completare la raccolta ad agosto. «Le rese – afferma Galli – sono state buone e sostanzialmente nella media di questa zona, 350-400 quintali per ettaro; il calo del 10% corrisponde più o meno alla riduzione delle superfici impiantate. Il mercato è partito benissimo questa estate sotto raccolta, con quotazioni tra 28 e 32 centesimi/kg al produttore contro i 20-25 centesimi della scorsa campagna. Il mercato è stato attivo fino a ottobre, ma siamo al 60% di prodotto venduto e dovremmo completare senza nulla in giacenza».
La flessione dei consumi nazionali di patate si fa sentire ovviamente anche nel Lazio, dove si sono prodotti 300.000 quintali di patate, circa il 15% in meno dello scorso anno, per una flessione delle rese. Anche qui per i produttori la campagna è andata abbastanza bene in termini di quotazioni (28-30 centesimi/kg), ma la richiesta del mercato al consumo è ferma: «Siamo di fronte a un mercato strano e anomalo – afferma Vincenzo Rosati, direttore commerciale Ccorav (Consorzio cooperativo ortofrutticolo alto viterbese) – perché non c’è domanda, ma i prezzi restano stabili sia per noi che per i consumatori finali. Le quotazioni tengono, ma si vende poco. Abbiamo ancora un quantitativo di prodotto significativo, speriamo che la situazione si sblocchi da qui a maggio, alla chiusura della campagna».