Il bio è tornato a correre, vanno sfruttate le potenzialità

La crescita a volume è del 5% nel 2024, 10% il valore degli acquisti bio in ortofrutta, ma almeno il 20% compra abitualmente biologico quando fa la spesa. I dati emersi alla presentazione della chiusura della campagna Made in Nature di Cso Italy

I relatori all'evento di chiusura del progetto Made in Nature che si è svolto a Milano
I relatori all'evento di chiusura del progetto Made in Nature

Il 52% degli italiani afferma che fa più acquisti bio rispetto ai tre anni precedenti. È uno dei dati di una ricerca condotta da Sec Newgate Italia su un campione di 3mila intervistati (età 18-65 anni), che si inserisce nel quadro delle attività di Made in Nature, presentata a Milano, presso Palazzo Pirelli, alla presenza dell’Assessore all’Agricoltura, Sovranità alimentare e Foreste della Regione Lombardia, Alessandro Beduschi.

Il progetto triennale di promozione e informazione, finanziato da Cso Italy e dall’Unione Europea, si chiude a gennaio 2025 e ha visto la partecipazione di diverse aziende specializzate nell’ortofrutta biologica, Brio, Canova, Ceradini Group, Conserve Italia, Orogel e Verybio.

La ricerca

La ricerca condotta da Sec Newgate Italia per Cso Italy
La ricerca condotta da Sec Newgate Italia

Il dato è in linea con i 4 Paesi target (Italia, Danimarca, Francia e Germania). È vero che il campione considerato non ha strumenti oggettivi per suffragare quanto dichiarato, ma potremmo chiamarlo un “biomarcatore” di una sensibilità in aumento verso il biologico. Che poi era uno degli obiettivi del progetto. “I responsabili acquisti dicono di comprare più bio rispetto a tre anni fa. C’è dunque maggiore attenzione e intenzione almeno di acquistare di più” ha sottolineato Elisa Macchi, direttrice di Cso Italy. Un altro punto interessante è che se è vero che la penetrazione è molto altra (il 92% in Italia compra un prodotto ortofrutticolo bio almeno una volta l’anno, cifra che sale al 99% in Danimarca), lo “zoccolo duro” è rappresentato da circa un 20% che lo fa ogni volta che fa la spesa (il 56% solo quando ne ha bisogno). Ed è la stessa quota (21%) che è disposta a spendere fino al 20% in più per l’ortofrutta biologica rispetto a quel 48% di italiani che al massimo possono arrivare a un +10% di prezzo. Di circa il 10%, poi, che non acquista prodotti bio, se è scontato nelle motivazioni principali il prezzo o perché non crede nel bio, è interessante il dato che il 22% d loro acquisterebbe bio con informazioni nutrizionali più chiare; un altro 22% con offerte e promozioni, ma anche migliore disponibilità e visibilità nei punti di vendita.

I prodotti più acquistati

La ricerca condotta da Sec Newgate Italia per Cso Italy
Ricerca Sec Newgate Italia

Frutta e verdura dominano gli acquisti bio (92%) rispetto ad altri prodotti alimentari (58%) e non food (9%). Andando a vedere quali sono quelli più acquistati, nel nostro Paese vincono i limoni (65%), seguono poi in ordine mele e pomodori (58%), arance (57%). Più distanziati kiwi (27%), uva da tavola (26%) e berry (15%). Indubbiamente la componente prezzo e disponibilità a scaffale incidono e penalizzano per esempio i frutti di bosco, che invece hanno una percentuale di acquisto che sale al 47% in Danimarca.

Contraddizioni e opportunità

La ricerca condotta da Sec Newgate Italia per Cso Italy
Ricerca Sec Newgate Italia

Teniamo presente i due dati: una penetrazione che va oltre il 90% in Italia e un 20% che compra bio quando fa la spesa. E paragoniamoli poi al dato di circa il 3% che è il valore degli acquisti nel bio in gdo. Numeri che stridono. “In realtà il bio in Italia rappresenta il 10% degli acquisti totali di ortofrutta. Gli acquisti sono ancora bassi  perché c’è ancora molta confusione, il bio va comunicato meglio. Anche nel biennio 2022-23 gli acquisti bio sono diminuiti ma meno rispetto a quelli nel convenzionale. E nel 2024, con l’ortofrutta convenzionale stabile, il bio cresce del 5% in volumi (dato a novembre)” ha dichiarato Macchi.  Questo dato in controtendenza va ancora studiato e analizzato ma indubbiamente indica un segnale molto positivo. “Il 2022 e 2023 per l’ortofrutta sono stati drammatici -ha rimarcato Paolo Bruni, presidente di Cso Italy-. Nel 2022 si è perso il 9% di 6 milioni di tonnellate in Italia, circa 500 mila: nel 2023 un altro 6%. In due anni siamo scesi da 6 a circa 5 milioni tonnellate. Nel 2024 per fortuna la produzione si è stabilizzata”.

Quali soluzioni

Zocca e Pari alla presentazione di Made in Nature
Paolo Pari e Luca Zocca

“Se c’è una quota del 70% disposta a pagare dal 10 al 30% in più per l’ortofrutta bio, vuol dire che un margine c’è” ha rimarcato Luca Zocca, direttore marketing Alce Nero, guardando al bicchiere mezzo pieno. Serve, per esempio, sgrammare per avere battute di cassa più contenute e intercettare più consumatori. Noi, per esempio, abbiamo realizzato un prodotto a peso imposto con un singolo avocado, frutto che ha forte appeal di benessere. Va poi aumentata la componente di servizio: per esempio il bio potrebbe trovare più spazio nella quinta gamma che è in forte crescita, un nuovo modo di consumo”.

Paolo Pari, direttore Almaverde bio, crede che in primis occorra puntare su progetti di category per il bio. “L’offerta bio va organizzata in maniera diversa, ovvero come category. per smontare la variabile prezzo. Gestione della categoria ortofrutta significa cura degli assortimenti, gamme, scale prezzi, offerte, promozioni, offerte speciali, formati convenienza. Un prodotto bio democratico è ancora possibile. Ma produzione e distribuzione si devono accordare per vedere come renderlo più accessibile. Bisogna dare il prodotto giusto per le giuste tasche”.

Il ruolo della comunicazione

Unanimemente viene indicato il ruolo fondamentale che può avere la comunicazione, anche istituzionale. “C’è scarsa comunicazione al consumatore dei valori del bio, viene talora confuso con il km zero, il prodotto del contadino -aggiunge Zocca-. C’è grande confusione sui marchi, il residuo zero. Il bio tutela gli ecosistemi, la biodiversità, usa meno acqua: c’è tutto un sistema, non è solo focalizzato sulla chimica. Servono comunicazioni ministeriali, istituzionali, finora non se ne sono viste. È poi importante fare informazione anche con la distribuzione, qualificare i reparti con addetti in grado di dare qualche informazione, che possano far capire il valore del bio che ha costo superiore a quello convenzionale”. “Il bio ha tanti valori dentro, salute, ambiente. Il ruolo delle istituzioni è fondamentale, perché una campagna del genere comunicherebbe il valore e sarebbe più credibile di quella promossa da un brand” ha concordato Pari. “Il grande merito del bio è stato quello di sensibilizzare i produttori al contenimento della chimica nel loro interesse e dei consumatori. Il nostro Paese, ancora di più dell’Europa e del mondo, ha un’attenzione che non ha eguali a livello globale, anche per la produzione convenzionale” ha ricordato Bruni.

I numeri di Made in Nature

Ben vengano pertanto progetti di promozione co-finanziati dall’Ue (il 18esimo per Cso Italy), come Made in Nature,  per cui il valore complessivo è oltre 2 milioni. I numeri del triennio, raccontati dal direttore marketing Luca Mari, sono esempificativi. Oltre 13 milioni di consumatori sono stati raggiunti e coinvolti direttamente nelle attività della campagna; 152 mila buyer e operatori di settore hanno avuto modo di interfacciarsi con la campagna e con le aziende partecipanti; 264 milioni le impression ottenute; 20 le fiere partecipate. Notevole anche l’impatto sui punti di vendita, con 5459 giornate di degustazione e 5,5 milioni di consumatori raggiunti.

 

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