Nuove etichette per zuppe, passate e vellutate a ulteriore tutela della sicurezza del prodotto e dei consumatori. Sembra questa la direzione obbligata cui porta la nota della direzione generale per l’igiene e la sicurezza degli alimenti e la nutrizione (Dgsan) del ministero della Salute, a seguito del caso di un’anziana donna morta per botulino dopo aver consumato una zuppa pronta.
La regola dei 5 minuti e la responsabilità della supply chain
La nota, destinata a Unionfood, Federdistribuzione, Ancc-Coop e Ancd-Conad, fa il punto sulla sicurezza dei cosiddetti Repfed (Refrigerated processed food with extended durability) in tema di tossina botulino. La direzione generale, in particolare, fa sapere che ha chiesto un parere all’Iss sulle migliori pratiche di fabbricazione per questa tipologia di prodotti. I trattamenti termici di pastorizzazione (90°C per almeno 10 minuti o trattamenti equivalenti), specifica, non sono in grado di inattivare le spore di botulino. La sicurezza microbiologica rispetto al pericolo di germinazione e formazione della tossina è assicurata soltanto se viene scrupolosamente rispettata la catena del freddo (conservazione a temperatura ≤ 6°C) per tutta la shelf-life del prodotto. La supply chain ha pertanto un ruolo decisivo, visto che deve garantire la temperatura per tutto il trasporto. Compreso il consumatore: purtroppo, rivela la nota, le temperature medie dei frigoriferi domestici sono comprese fra 8,5°C e 9,5°C.
In via prudenziale, poiché non si hanno dati certi sui tempi minimi di inattivazione termica del botulino nelle varie referenze di Repfed, l’indicazione è di “far bollire il prodotto per almeno 5 minuti”.
“Far bollire 5 minuti è la misura corretta: infatti il Ministero ha valutato che per questa tipologia di prodotto i 5 minuti di ebollizione sono sufficienti -spiega Antonello Paparella, professore ordinario di Microbiologia alimentare presso la Facoltà di Bioscienze e tecnologie agro-alimentari e ambientali dell’Università di Teramo-. Per minestre e zuppe Repfed non esistono criteri di sicurezza con fondamento scientifico, accettati a livello internazionale. L’unico criterio internazionale riguarda le conserve sterili, nelle quali il rischio di formazione della tossina botulinica è controllato con un trattamento di sterilizzazione per 3 minuti a 121 gradi, che riduce di 12 volte il rischio (minimum botulinum cook).
In generale, per gli alimenti nei quali si paventa il rischio di formazione di tossina botulinica, la Fda (Food and drug administration) statunitense consiglia 10 minuti di ebollizione. Si tratta però di una misura drastica, che altera il prodotto (e che nessuno applica), ma utile a livello domestico in casi estremi, per esempio se ci fossimo dimenticati in frigo una conserva aperta senza ricordare da quanto tempo e dopo aver accertato che l’alimento non presenta segni visibili di alterazione. I 5 minuti di ebollizione, considerando le caratteristiche di composizione e il pH delle minestre pronte, sono una misura realizzabile per tutelare la sicurezza dell’alimento. Per il microonde, invece, non ci sono dati e occorrerà necessariamente valutare questo aspetto mediante challenge test (test microbiologico che prevede l’inoculazione del microrganismo e la verifica della sicurezza dell’alimento)”.
Cosa le aziende potrebbero e dovrebbero fare
La nota suggerisce anche una maggiore chiarezza delle etichette, dove dovrebbero essere contenute le indicazioni di sicurezza per i consumatori relativamente alla preparazione del prodotto prima del consumo e di temperatura efficaci per la distruzione termica della tossina. “Le etichette -rimarca Paparella- devono essere chiare e deve essere bene indicato che il riscaldamento è obbligatorio. Per le zuppe pronte fredde che hanno un pH acido, come il gazpacho, il problema invece non si pone, perché a pH inferiore a 4,5 non si forma tossina botulinica. Le aziende è bene che prendano consapevolezza e facciano studi di challenge test ovvero di risk assessment, come peraltro già si fa per Listeria monocytogenes in alimenti pronti come salmone e formaggi erborinati. Occorre ristudiare i processi e documentarne la sicurezza su base scientifica.
Oggi a livello industriale si utilizzano due tecnologie, una continua e una discontinua, ma in ogni caso il trattamento termico è simile a quello che noi faremmo a casa: sostanzialmente di pastorizzazione che non è sufficiente a eliminare le spore. E dentro le due linee di tecnologie ci sono mille varianti in base alla scelta degli ingredienti, molti dei quali si portano dietro una dote potenziale di spore.
Per eliminare totalmente il rischio di formazione di tossina botulinica bisognerebbe aggiungere un conservante oppure alzare il trattamento termico e farlo diventare sterilizzante. Tuttavia, in questo modo non si avrebbe più un prodotto di quinta gamma ma una conserva, con cambiamento del sapore, senza più necessità di refrigerazione, visto che il prodotto sarebbe stabile a temperatura ambiente. Un’altra strategia potrebbe essere l’inserimento sulla superficie della confezione di un indicatore tempo-temperatura, un bollino che cambi colore qualora il prodotto non rispettasse la catena del freddo. Ogni produttore, considerando la specificità del proprio prodotto, può aggiustarne ricetta e processo in modo da renderlo sicuro, e documentare tale sicurezza con appositi studi, in modo da evitare misure drastiche che snaturano valore e caratteristiche della quinta gamma. Nel frattempo i 5 minuti di ebollizione sono una misura cautelativa necessaria”.
I dati in Italia, benefici ma anche rischi con i nuovi prodotti senza conservanti
La nota parla anche del verificarsi di “numerosi episodi di botulismo”. Secondo l’Iss, l’Italia è costantemente uno dei Paesi europei con il maggior tasso di incidenza del botulismo alimentare. Dal 1986 al 30 settembre 2022, si legge sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità, sono stati confermati in laboratorio 406 incidenti di botulismo che hanno coinvolto 599 persone. Gli alimenti maggiormente coinvolti nel nostro Paese appartengono alla categoria delle conserve di vegetali in olio (47,7%), conserve vegetali in acqua/salamoia (25,5%). Ma le preparazioni più frequentemente implicate sono le conserve di funghi in olio di produzione domestica, ma anche le conserve di olive e cime di rapa.
“Stiamo parlando di una malattia rara ma potenzialmente letale. E potrebbe essere solo la punta dell’iceberg. Alcuni nuovi prodotti, come patate cotte sottovuoto, aglio sott’olio, olive dolci (non acide) vendute a temperatura ambiente, potrebbero comportare rischi microbiologici e imporrerebbero un challenge test. Anche perché la catena di distribuzione presenta notevoli ambiti di miglioramento a causa anche del cambiamento climatico che mette in difficoltà la supply chain, soprattutto per i piccoli negozi”. Insomma, il settore, in forte crescita, deve far fronte anche (come altri) alle nuove sfide di sicurezza che pone davanti la crescita dell’healthy food e del free from. L’Iss rimarca, infatti, che la maggior parte dei Repfed in commercio sul territorio nazionale riporta in etichetta il claim senza conservanti.