Il Consorzio di tutela dell’Anguria Reggiana Igp si prepara alla prima stagione produttiva che partirà il prossimo primo giugno e durerà fino al 15-20 settembre. Sede a Gualtieri di Reggio Emilia, nasce dall’Associazione dei Produttori dell’Anguria Reggiana, attiva da dieci anni, che aveva ottenuto l’Igp alla fine della stagione produttiva 2017. Sono 11 i produttori, due confezionatori, su 150 ettari.
L’Anguria Reggiana ha un brix minimo di 12 gradi, è di calibro grosso, con un range che va da un minimo di 7 a 16 chilogrammi, ma può raggiungere i 20 e più chili con la varietà allungata. “Lo scorso anno abbiamo prodotto mille tonnellate: per quest’anno contiamo di arrivare a 1500, con l’obiettivo di raggiungere in poche stagioni le 8-10 mila” fa sapere il presidente Ivan Bartoli.
Presidente, cosa potrà dare la costituzione del neonato Consorzio?
La presentazione ufficiale avverrà a inizio giugno con l’assessore regionale all’Agricoltura, Alessio Mammi. L’abbiamo voluto per tre motivi principali. Il primo è la possibilità di andare a controllare qualità e conformità del prodotto fino allo scaffale, mentre oggi l’ente certificatore arrivava all’azienda agricola. Poi la vigilanza e tutela del marchio da contraffazioni e abusi. E quindi la promozione, che ci permette di condividerne i costi.
Quando ci sarà una campagna di comunicazione o attività promozionale nella gdo?
Per quest’anno ci siamo concentrati su una campagna radiofonica in Emilia-Romagna: partirà a giugno e durerà tutto l’estate. Nella gdo abbiamo ancora pochi clienti: hanno cominciato da quest’anno a muoversi. Studieremo una campagna ad hoc nei prossimi. Con Confesercenti abbiamo poi ideato un logo da esporre per i negozianti che vendono Anguria Reggiana Igp. Il progetto è al secondo anno e contiamo di esportarlo da Reggio Emilia in tutta la regione.
Quanto sarà la produzione quest’anno? Ci sarà anche una quota di prodotto bio?
Lo scorso anno abbiamo fatto 10 mila quintali: per questa campagna saremo al 10% del nostro potenziale e contiamo di arrivare a 15 mila. Puntiamo a raggiungere in poche stagioni le 8-10 mila tonnellate con una crescita del 20-25% l’anno. Al momento abbiamo una piccolissima quota bio. Lavoriamo con produzione integrata e le grandi aziende in realtà sono gà bio, ma non sono certificate perché abbiamo un problema con le rotazioni, visto che l’80% del prodotto si fa in serra. Qualcuna lavora per la gdo e punta al residuo zero.
Il mercato va verso pezzature piccole e seedless: su quale plus punta l’Anguria Reggiana Igp?
Le pezzature baby e piccole, oggi di moda, sono un segmento in mano a mega aziende cui non potremmo fare concorrenza per volumi. Il nostro prodotto, di qualità garantita, è sempre più ricercato da chi fa il porzionato: negozi, chioschi, che hanno bisogno di un prodotto oltre i 10 kg e con poco scarto. Se un’azienda vuole fare il senza semi o pezzatura piccola, comunque, lo può fare, partendo da 6 chili con la tonda: nel disciplinare abbiamo mantenuto una forbice aperta.
Registrate problemi di manodopera?
Solo chi utilizza quella dell’Est europeo ha avuto qualche problema. Nel nostro territorio abbiamo una comunità di indiani e pakistani che erano presenti prima dell’esplosione della pandemia. Ci sono poi molte richieste da italiani, studenti e ragazzi giovani: erano anni che non arrivavano. Li utilizzeremo il più possibile per la raccolta.