Pesano ancora incognite sulla campagna di trasformazione del pomodoro 2019 che è partita in ritardo di circa 10 giorni al Sud per via dei cambiamenti climatici e che sarà sicuramente più lunga del solito, fino ad arrivare a tutto il mese di settembre e in parte di ottobre.
“Come sarà il raccolto potremmo capirlo solo a settembre, un mese che sarà decisivo per la produzione e per la qualità. Gli ettari ci sono, i contratti anche, ma nessuno può ad oggi prevedere quanto prodotto sarà raccolto”, ha detto Maurizio Gardini, presidente di Conserve Italia.
“La filiera del pomodoro da industria, il cui giro di affari è superiore ai 3 miliardi di euro, è una delle più importanti per il comparto agroalimentare”, ha proseguito il presidente del consorzio bolognese, uno dei primi player italiani e mondiali di pomodoro con una media di 400.000 tonnellate lavorate. “Non tutti sanno che il nostro Paese, oltre ad essere il secondo produttore dopo la California, è anche leader nelle esportazioni di polpe e pelati, con una quota pari al 70% di tutto il commercio mondiale”.
Ma ci sono ancora dei margini di crescita, secondo Gardini. “È una filiera che però a mio avviso può ancora crescere in valore e prestigio, puntando sull’innovazione e su una crescente attenzione all’ambiente”.
Aspetti strategici, poi, sono anche la trasparenza e la legalità, specialmente al Sud dove viene utilizzata maggiore manodopera.
“Se in tutto il bacino del nord Italia la raccolta del pomodoro avviene esclusivamente ormai in maniera meccanizzata – ha osservato Gardini – al Sud è ancora diffusa la raccolta manuale, anche se è crescente l’impegno delle aziende a ridurne la pratica. Per quanto riguarda Conserve Italia, solo una percentuale pari al 2% di tutto il pomodoro lavorato è ancora raccolta manualmente, in particolare in quei terreni sassosi in cui non è possibile azionare le macchine oppure in quelle aziende agricole che dispongono di numerosi operai regolarmente assunti per la raccolta di altre produzioni”.